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Le donne corrono quanto gli uomini, ma
le loro scarpe sportive non sono adeguate

Le scarpe da corsa (running) dovrebbero essere progettate in modo completamente diverso da come accade oggi se destinate agli uomini o alle donne. L’anatomia e le abitudini sono infatti divergenti, ma le donne devono accontentarsi del risultato di un’azione che gli inglesi riassumono in: rimpicciolisci e colora di rosa. L’espressione - anche sessista - spiega che, finora, le scarpe sportive femminili sono state mutuate da quelle maschili, con un adattamento di taglia e colori più vivaci. I prototipi, infatti, da circa cinquant’anni si basano su un piede finto chiamato forma, che è praticamente sempre maschile.

Per inquadrare meglio i desideri, le aspettative e anche i difetti percepiti dalle runner nelle scarpe sportive, in particolare di quelle da corsa (running) declinate al femminile, i ricercatori dell’Università di Vancouver, in Canada, hanno reclutato, tramite annunci posti nei negozi sportivi (per avere un campione vario e rappresentativo), una ventina di runner, alcune delle quali semi-professioniste e altre professioniste, e hanno chiesto loro di rispondere a un questionario incentrato sulla loro opinione e la loro esperienza. Come riferito su BMJ Open Sports & Exercise Medicine, le domande erano incentrate su che cosa avrebbero desiderato trovare nelle scarpe, e sui cambiamenti del corso della vita che avrebbero potuto avere un’influenza sull’uso delle stesse, e sulla loro fruibilità. Undici di loro, runner amatoriali, percorrevano in media 30 km alla settimana, mentre le altre, semi-professioniste, ne facevano 45. Alcune avevano corso anche in gravidanza o subito dopo il parto, mentre l’età variava dai 20 ai 70 anni, e gli anni di corsa alle spalle dai 6 ai 58. Dovendo indicare le caratteristiche più importati, le donne hanno scelto il comfort, la sensazione della scarpa, la prevenzione degli infortuni e le prestazioni.

Per il comfort, entrambe le tipologie di donne hanno sottolineato che vorrebbero scarpe con la punta più larga, il tallone più stretto e un’ammortizzazione maggiore; le professioniste hanno detto di desiderare anche supporti tecnici come una piastra al carbonio, a patto che il comfort non ne risenta. Inoltre, tutte hanno detto di aver spesso cercato scarpe che garantissero la prevenzione degli infortuni, e hanno sottolineato l’importanza dei dettagli rispetto ai diversi contesti di corsa quali un allenamento, una gara o la corsa con un infortunio o in gravidanza o allattamento. In queste ultime due condizioni, così come con l’avanzare dell’età, le donne chiedono scarpe a pianta più larga e con un’ammortizzazione più efficiente.

Le runner cercano quindi attivamente soluzioni alle diverse esigenze, ma secondo gli autori è ora che i produttori vadano loro incontro, progettando scarpe adatte alla loro specifica anatomia e alle fasi della vita.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 14 novembre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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