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Un antibiotico topico potrebbe attenuare molto le manifestazioni cutanee del lupus

Contro le eruzioni cutanee tipiche del lupus, presto potrebbe essere consigliato un antibiotico già in commercio, e autorizzato solo per un impiego topico: la mupirocina. Uno studio appena pubblicato su Arthritis & Rheumatology dai ricercatori dell’Università del Michigan dimostra infatti che una sua applicazione è associata a una diminuzione significativa dell’infiammazione e, quindi, a un’attenuazione del rush.

Nello studio 12 persone con un lupus e con un’eruzione cutanea attiva sono state trattate per una settimana con una crema con il 2% di mupirocina oppure con una senza principi attivi. Quindi, a tutte sono stati prelevati dei campioni, che sono stati confrontati con quelli della situazione di partenza. Lo scopo principale era verificare la presenza dello stafilococco aureo, un batterio diffuso sulla cute, che può dare luogo a gravi infezioni e che, in chi soffre di lupus, è quasi sempre presente, nelle lesioni cutanee. In effetti, i pazienti che erano stati trattati con mupirocina hanno avuto cambiamenti nell’espressione di molti geni (163) e, soprattutto, un’attenuazione evidente dei mediatori dell’infiammazione del circuito dell’interferone, e una diminuzione significativa delle colonie di stafilococchi.

Sembra quindi che l’antibiotico possa funzionare come farmaco per attenuare le crisi: riducendo il numero di stafilococchi, attenua la reazione infiammatoria e, con essa, i sintomi dell’eruzione come l’arrossamento e il prurito. E’ comunque presto per consigliare la molecola ai malati di lupus, anche perché 12 pazienti sono davvero troppo pochi.

Occorreranno conferme su molti più malati, e poi approfondimenti, ma i presupposti autorizzano a sperare che si possa giungere a un’indicazione specifica, e quindi a una terapia più efficace di quelle attuali, almeno per le manifestazioni cutanee del lupus.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 3 febbraio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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