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Sclerosi multipla, il fumo accelera l’aggravarsi della malattia

Continuare a fumare dopo aver ricevuto la diagnosi di sclerosi multipla significa correre un maggiore rischio, rispetto ai non fumatori, di rendere più vicino nel tempo il passaggio da episodi sporadici e irregolari a crisi frequenti, gravi (cioè alla fase chiamata secondaria). Si sapeva da tempo che il fumo è un fattore di rischio per la  sclerosi multipla, ma finora non era mai stato dimostrato ciò che hanno pubblicato i neurologi del Karolinska Institutet di Stoccolma (Svezia) sulla rivista JAMA Neurology, e cioè che non smettere significa avere una malattia che progredisce prima, e che è più grave.

I ricercatori sono giunti a questa conclusione dopo avere analizzato la storia clinica e le abitudini di oltre 700 malati di sclerosi multipla (200 dei quali passati dalla forma iniziale a quella secondaria) e di oltre mille persone di controllo sane. "Separando" chi aveva smesso di fumare da chi aveva continuato, e introducendo vari fattori correttivi, il risultato è stato che ogni anno di tabagismo in più corrisponde a un’accelerazione del passaggio di fase della malattia del 4,7%, e che l’età media di tale conversione è passata - nel gruppo tenuto sotto controllo - da 56 a 48 anni.

Il dato costituisce un argomento in più per invitare i malati a smettere subito di fumare, e attribuisce al fumo un ruolo ancora più importante rispetto a quanto ipotizzato finora.

A.C.
Data ultimo aggiornamento 10 settembre 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Vedi anche: • Così le sigarette "abbattono" le difese


Tags: fumo



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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