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La coltivazione idroponica di piantine
di insalata aiuta i pazienti a stare meglio

I pazienti oncologici possono trarre un significativo beneficio dalla coltivazione di piccole piante con la modalità idroponica, che non prevede l’utilizzo di terreno ma solo di nutrienti e luce, e che si può fare anche in piccoli spazi chiusi.

Da tempo è noto che chi affronta le terapie per un tumore può sentirsi psicologicamente meglio se viene coinvolto in attività quali il giardinaggio o anche solo la permanenza in spazi verdi. Tuttavia non tutti hanno la possibilità o la volontà di coltivare un piccolo terreno, anche quando ne possiedono uno. Per capire se gli stessi vantaggi potessero arrivare da una modalità di coltivazione diversa, i ricercatori dell’Università del Texas hanno coinvolto 36 pazienti dell’età media di 57 anni in un test durato otto settimane. A tutti sono stati distribuiti sistemi per la coltivazione idroponica commerciali, che contenevano una lampada a LED, il liquido con i nutrienti e 12 semi di insalate tradizionali. Durante tutto il periodo, gli autori hanno seguito e aiutato con consigli i partecipanti. Dopo quattro settimane e alla fine del test hanno misurato numerosi parametri legati allo stress, alla qualità di vita, all’alimentazione e al benessere. I risultati, riportati su Frontiers in Public Health, sono stati tutti positivi: i livelli di stress e depressione associati alla malattia sono diminuiti costantemente, mentre il benessere e la socialità sono migliorati, come pure la dieta, che ha incluso più vegetali e ha fatto registrare un generale miglioramento dell’appetito.

In generale, coltivare qualche piantina di insalata o di altro tipo anche in casa può essere di aiuto, e andrebbe consigliato, perché l’impegno in un’attività, a maggior ragione se connessa con la natura, ha sempre effetti positivi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 7 novembre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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