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I beta bloccanti dopo un infarto sono inutili, e per le donne probabilmente dannosi

La terapia farmacologica consigliata dopo un infarto potrebbe cambiare radicalmente, e non prevedere più farmaci che, negli ultimi quarant’anni, sono stati consigliati pressoché a tutti i pazienti: i beta bloccanti. Due grandi studi appena pubblicati sul New England Journal of Medicine e sullo European Heart Journal, presentati in contemporanea al congresso europeo di cardiologia svoltosi a Madrid nei giorni scorsi, e condotti da decine di cardiologi e ricercatori tra Italia e Spagna, mostrano infatti che non solo non c’è un beneficio, ma che per le donne potrebbero esserci rischi significativi.

Nel primo, quello principale, circa 4.200 persone che avevano avuto un infarto e che avevano mantenuto almeno il 40% della frazione di eiezione del ventricolo sinistro (il parametro normalmente utilizzato per misurare la funzionalità del cuore) sono state trattate anche con i beta bloccanti, e altrettante, in condizioni del tutto simili, no. Dopo una media di 3,7 anni tra le prime ci sono stati 316 eventi (cioè ictus e altre patologie cerebro- e cardiovascolari acute e gravi e ricoveri), tra le seconde 307. Analogamente, i decessi per qualunque causa sono stati, rispettivamente, 161 e 153, con un incremento, quindi, del 2,7% e i secondi infarti 143 per gruppo. I ricoveri per scompenso cardiaco sono stati, sempre rispettivamente, 39 e 44, una differenza non significativa. La conclusione è stata quindi che i beta bloccanti non modificano il rischio di morte, di un secondo infarto o di un nuovo ricovero, anzi, possono farlo aumentare. Per questo, si dovrebbero riscrivere le linee guida. 

Il secondo studio, poi, ha fatto emergere possibili rischi specifici per le donne. L’analisi dei dati delle 1.600 donne anziane e con altre comorbidità presenti nell’insieme dei partecipanti ha svelato infatti che il tasso di eventi (che comprende decessi, infarti, ricoveri per cause cardiovascolari) è stato di 30,4 su mille per le donne trattate, e 21 per le altre, con un aumento dei rischi del 45%. Per motivi non ancora chiari tra gli uomini non si vede lo stesso effetto.

In ogni caso, secondo gli autori e molti commentatori ci sono pochi dubbi sul fatto che le indicazioni su come curare farmacologicamente chi ha avuto un infarto siano da riscrivere, anche tenendo conto delle differenze di genere.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 8 settembre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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