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La pesantissima eredità della guerra sull’equilibrio psicologico dei ragazzi ucraini

C’è un’eredità molto pesante con la quale faranno i conti gli ucraini che oggi sono giovani: quella sul loro benessere psicofisico. La distruzione delle case, lo sfollamento, la perdita di persone care, la disgregazione delle famiglie, la mancanza di assistenza medica e psicologica e quella di cicli scolastici regolari sta mostrando i suoi effetti, e a meno che non si intervenga in modo massiccio e rapido, molte migliaia di ragazzi saranno adulti con difficoltà serie. Lo confermano i dati aggiornati dello studio Ukraine Adolescent Mental Health Study, portato avanti in due scuole delle zone di Donetsk and Kirovograd fino dall’invasione russa della Crimea del 2014, con rilevazioni nel 2016-2017 e poi nel 2023-24 su quasi 5.500 ragazzi residenti in Ucraina nel momento delle due invasioni, con un’età media, durante le indagini, di 13,7 anni, compresa tra 11 e 17 anni.

Come riportato dai coordinatori, psicologi dell’Università di Tartu, in Finlandia, e del Donetsk National Medical University di Kropyvnytskyi, in Ucraina, su JAMA Pediatrics, i dati sono allarmanti. Rispetto a ragazzi della stessa età non esposti direttamente alla guerra, i giovani ucraini sono molto più colpiti da disturbo da stress post traumatico (16% versus 1%) e da depressione (10% versus 3%) e tentano più spesso il suicidio (10% versus 4%). Inoltre, i giovani che stanno subendo la guerra iniziata nel 2022, che coinvolge indirettamente tutto il paese, riportano sintomi più gravi rispetto a quelli in prima linea nel 2014, e le femmine sono più colpite dei maschi. Ciò che più compromette il loro equilibrio, secondo gli autori,  è la mancanza di stabilità e di riferimenti come la famiglia, e per questo bisognerebbe organizzare subito un aiuto mirato che coinvolga tutti coloro che hanno a che fare con i giovani, a cominciare dalla scuola. Gli insegnanti dovrebbero essere formati e supportati anche da team medici e psicologico-psichiatrici a riconoscere prima possibile il disagio, e a cercare di contrastarlo. Contemporaneamente, bisognerebbe sostenere le famiglie affinché riescano a ricongiungersi e a sopravvivere.

Tutte priorità che, purtroppo, non sono in cima alle agende di chi sta decidendo il destino di quello sfortunato paese.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 22 dicembre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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