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L’infiammazione tipica dell’autoimmunità raddoppia il rischio di disturbi dell’umore

Le malattie autoimmuni sono associate a un raddoppio (+87-97%) dei disturbi dell’umore, dall’ansia alla depressione, fino a quello bipolare. E i motivi, oltreché associati alle conseguenze dell’autoimmunità e ai sintomi delle singole patologie, sono da ricondurre principalmente all’infiammazione cronica che le caratterizza.

Il legame tra sei tra le principali patologie autoimmuni (lupus, artrite reumatoide, sclerosi multipla, infiammazioni croniche intestinali, psoriasi, malattia della tiroide di Grave) e disturbi dell’umore è stato dimostrato dai ricercatori dell’Università di Edimburgo, in Scozia, che hanno analizzato i dati di oltre 1,5 milioni di inglesi raccolti nell’ambito dello studio chiamato One Future Health, di tipo sia biologico che psicologico. 

In totale, 37.700 persone avevano una delle malattie autoimmuni citate, 1,5 milioni no. Come riportato sul British Medical Journal Mental Health, diagnosi generali dei disturbi dell’umore sono state trovate nel 29% dei soggetti malati, contro il 18% dei controlli. La depressione ha seguito lo stesso andamento: 25,5 versus 15%, così come l’ansia: 21 versus 12,5% e il disturbo bipolare (1 versus 0,5%), anche se quest’ultimo è rimasto raro. Non si sa se queste diagnosi siano comparse prima, durante o dopo quelle della malattia autoimmune, ma gli autori hanno pochi dubbi sul fatto che la causa sia da ricondurre all’infiammazione cronica che caratterizza tutte le malattie autoimmuni, e che è all’origine anche di molti disturbi dell’umore e altre patologie psichiatriche.

Anche in questo caso, poi, le donne sono più colpite: 32 versus 21%, e non se ne conoscono ancora bene i motivi, che potrebbero essere legati agli ormoni e alle differenze nel sistema immunitario o nei cromosomi.

Sarebbe sempre opportuno controllare ed eventualmente curare anche i disturbi dell’umore presenti, concludono i ricercatori, per evitare di rendere la vita dei malati, spesso già difficile, ancora più complicata.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 7 luglio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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