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L’allattamento al seno rallenta l’arrivo delle ricadute

L’allattamento esclusivo al seno per i primi due mesi di vita del bambino protegge le neomamme con la sclerosi multipla dalle ricadute della malattia. L’effetto positivo è emerso nell’ambito di uno studio condotto dai neurologi dell’Università di Bochum, in Germania, che hanno riportato sulla rivista JAMA Neurology quanto osservato in un gruppo di 201 malate, che avevano avuto un figlio tra il 2008 e il 2012.

Quasi tutte le donne tenute sotto osservazione avevano assunto le terapie anti-sclerosi multipla prima della gravidanza. Dopo il parto, 120 avevano allattato al seno il figlio per due mesi, senza ricorrere al latte artificiale, mentre 42 avevano tenuto un regime misto, che prevedeva anche latte artificiale, e 39 non avevano allattato. Analizzando l’incidenza e il tempo intercorso fra il parto e la prima crisi di sclerosi multipla, i ricercatori hanno visto che, nei primi sei mesi, le neomamme con una ricaduta erano state il 24,2% di quelle che avevano allattato al seno in maniera esclusiva, e il 38,3% delle altre.

L’effetto positivo, secondo gli autori, si determina perché durante l’allattamento il sistema immunitario subisce mutamenti che vanno nella direzione di una generale attenuazione delle reazioni, come avviene durante tutta la gravidanza. L’allattamento al seno è quindi consigliato, dopo il parto, a tutte le malate di sclerosi multipla, almeno per qualche mese.

 

A.C.
Data ultimo aggiornamento 2 ottobre 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Vedi anche: 
Sclerosi multipla, speranze dal trapianto di staminali del sangue
Sclerosi multipla, più vicina una terapia "mirata" sulle cause


Tags: allattamento



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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