Inibitori delle aromatasi e bisfosfonati:
confermato il potere anti-ricadute
Bloccano gli estrogeni e le micrometastasi, dimostrando di avere un effetto positivo sul rischio che il tumore si ripresenti. I risultati sulla rivista "Lancet"

Due tipi di farmaci in uso da molti anni (diventati "generici", perché il brevetto è scaduto, e per questo presenti anche nella versione più economica), hanno un potente effetto positivo sul rischio di ricadute e di morte relativo al tumore al seno. Lo dimostrano due studi pubblicati sulla rivista Lancet da gruppi di ricercatori che fanno parte di un circuito internazionale di esperti - l’Early Breast Cancer Trialists’ Collaborative Group (EBCTCG) - focalizzato sul cancro mammario in fase iniziale. Entrambi gli studi sono metanalisi, come si dice nel linguaggio tecnico, cioè ampie valutazioni di un gran numero di ricerche cliniche eseguite negli ultimi anni su uno specifico argomento, per verificare - sovrapponendo i risultati - se le conclusioni emerse erano attendibili e stabilire con precisione i "valori" di quanto osservato.
Nell’ambito del primo studio i farmaci valutati sono stati gli inibitori delle aromatasi, medicinali che bloccano gli estrogeni circolanti, cui è sensibile l’80% dei tumori al seno (in questo modo, frenano la ricomparsa delle neoplasie). Gli studiosi hanno riesaminato nove ricerche che avevano coinvolto oltre 30.000 donne, mettendo a confronto terapie a base di inibitori delle aromatasi (in sigla, AI) con la terapia di riferimento, cioè quella con il tamoxifene (un medicinale che agisce sempre sugli ormoni, ma in modo meno specifico). Il risultato è stato che gli inibitori delle aromatasi sono apparsi in grado di ridurre del 30% in più il rischio di recidiva, e del 15% in più quello di morte, rispetto al tamoxifene. In totale, il trattamento ormonale con AI ha fatto calare del 40% il rischio di morire per un tumore al seno nei dieci anni successivi all’inizio della cura.
Nel secondo studio, invece, sono stati analizzati i bisfosfonati, farmaci contro l’osteoporosi che si sono rivelati efficaci anche contro le micrometastasi che colpiscono le ossa. Oltre 20.000 donne coinvolte nell’ambito di 26 ricerche cliniche sono state trattate con questi medicinali per periodi variabili dai 2 ai 5 anni, e alla fine si è avuta una riduzione di quasi un terzo delle recidive e del 18% del rischio di morte, tra le donne in menopausa, rispetto alle pazienti che non avevano seguito questa terapia (molto minore è stato, invece, l’effetto tra le donne non ancora in menopausa).
A.C.
Data ultimo aggiornamento 1 novembre 2015
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Tags: recidive, tumore al seno