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Identificato gene
associato alla spondilite anchilosante

Scoperto un gene associato alla spondilite anchilosante, una malattia autoimmune che nella sola Italia colpisce circa 30 mila persone e di cui ancora oggi non sono note le cause esatte. A identificare il suo ruolo di marcatore in grado di predire la malattia e di diagnosticarla precocemente è uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences da un gruppo di ricercatori britannici dell’Università di Southampton.

Il gene in questione si chiama ERAP1 e codifica un enzima coinvolto nella sorveglianza operata nell’organismo dal suo sistema immunitario. Analizzandolo in 17 individui con spondilite anchilosante e in 19 individui sani gli autori dello studio ne hanno identificato ben 13 varianti e hanno scoperto che la comparsa della spondilite anchilosante è associata alla presenza di specifiche combinazioni di varianti nel genoma di un individuo. 

Queste combinazioni, spiegano gli autori, sono asssociate a una ridotta funzionalità del sistema immunitario, e la loro presenza potrebbe diventare un marcatore della malattia, ma non solo. ERAP1 potrebbe infatti essere un potenziale bersaglio per terapie specifiche.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 5 giugno 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: cause, spondilite anchilosante



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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