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Contro il melanoma avanzato due anticorpi sono meglio di uno: i dati di 10 anni di cura

I dati relativi a dieci anni di trattamento lo confermano: per curare un melanoma in fase avanzata, la strategia più efficace è quella che combina due anticorpi monoclonaliGli anticorpi monoclonali sono anticorpi del tutto simili a quelli che il sistema immunitario produce contro i “nemici” (batteri, virus e altro ancora), ma non sono presenti in modo naturale nel nostro organismo. Vengono creati in laboratorio, grazie a tecniche di ingegneria genetica, e sono mirati contro un preciso bersaglio della malattia, identificato dai ricercatori: per esempio, nel caso del Covid, contro la proteina Spike, utilizzata dal coronavirus per entrare nelle cellule e infettarle. Una volta prodotti, vengono fatti moltiplicare in laboratorio, identici, in un numero grandissimo di copie, o di cloni (per questo vengono chiamati monoclonali), e poi immessi nell’organismo del paziente, in genere tramite infusione (endovena)., il nivolumab e l’ipilimumab, che stimolano in modo differente il sistema immunitario e lo attivano affinché reagisca alle cellule malate, distruggendole.

L’approccio immunoterapico per la cura dei tumori è ormai una prassi da diversi anni, e il melanoma è stato il primo tipo di tumore nel quale è stato sperimentato con successo. I dati appena pubblicati sul New England Journal of Medicine mostrano non solo che quanto osservato nei primi anni era vero, ma anche che è meglio unire i due diversi anticorpi. Nello studio in questione, infatti, circa mille pazienti sono stati trattati con l’insieme dei due o con ciascuno di essi singolarmente, e alla fine si è visto che la sopravvivenza, a dieci anni, era di 71,9 mesi (poco meno di sei anni) per chi aveva assunto la combinazione, 36,9 mesi (poco più di tre anni) mesi per chi era stato trattati con solo nivolumab e 19,9 mesi (meno di due anni) per chi aveva ricevuto solo l’ipilimumab. Inoltre è stato confermato che alcuni pazienti guariscono: tra chi era privo di segni di ricaduta dopo tre anni, infatti, sette anni dopo, e cioè a dieci anni dall’avvio delle cure, la sopravvivenza  era pari addirittura al 96% per chi aveva assunto i due monoclonali, al 97% per chi era stato trattato con nivolumab e all’88% per chi aveva ricevuto l’ipilimumab.

Prima dell’immunoterapia, il melanoma avanzato era una malattia molto difficile da trattare. Oggi la situazione è radicalmente cambiata. 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 7 gennaio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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