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Inibitori del TNF alfa,
riflettori puntati sulle infezioni

Hanno cambiato positivamente il destino di moltissime persone colpite da malattie infiammatorie intestinali croniche quali il morbo di Crohn e la colite ulcerosa, ma i farmaci inibitori del TNF alfa (fattore di necrosi tumorale alfa) comportano oltre a una loro tossicità intrinseca anche il rischio, finora sottovalutato, di aumentare significativamente la comparsa di gravi infezioni. Lo hanno dimostrato i ricercatori dello Statens Serum Institut di Copenhagen e dell’Ospedale Universitario di Odense (Danimarca) in uno studio pubblicato sul British Medical Journal in cui hanno analizzato il caso di oltre 1.500 pazienti danesi trattati con questi farmaci, mettendoli a confronto con altrettanti pazienti che non avevano ricevuto tali terapie. 

Concentrandosi sull’incidenza di infezioni che hanno richiesto un ricovero ospedaliero, gli autori dello studio hanno identificato l’aumento del rischio. In particolare, a 90 giorni dall’avvio della terapia tra i pazienti trattati con inibitori del TNF alfa, sono stati registrati 51 casi di infezione (soprattutto a livello gastrointestinale, respiratorio, della cute e dei tessuti molli, con anche qualche caso di sepsi), contro i 33 rilevati fra gli altri pazienti (+36%). A un anno dall’inizio del trattamento l’incremento del rischio è risultato inferiore, ma non assente. Sono stati infatti rilevati 107 casi fra i pazienti in terapia con inibitori del TNF alfa, contro i 78 fra i non trattati (+27%).

Alla luce di questi risultati gli autori ritengono necessario tenere sotto stretto controllo l’insorgenza di infezioni nelle persone che iniziano una terapia con inibitori del TNF alfa, soprattutto nelle prime settimane di trattamento.’

A.B.
Data ultimo aggiornamento 11 giugno 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: farmaci, infezioni



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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