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Antistaminico ripara i danni
della sclerosi multipla all’occhio

I dati sono ancora preliminari, ma l’antistaminico da banco clemastina fumarato è apparso in grado, nei primi test preliminari, di far regredire un danno tipico della sclerosi multipla, quello al nervo ottico, ripristinando almeno in parte la funzionalità perduta. E questo risultato viene giudicato importante. I neurologi del Multiple Sclerosis Center di San Francisco, in California, hanno somministrato per tre mesi la clemastina, oppure un placebo, a una cinquantina di malati con un’età media di 40 anni, che avevano avuto la diagnosi di sclerosi multipla cinque anni prima, e che mostravano un danno alla trasmissione del nervo ottico (misurato in diversi modi, tra i quali i potenziali evocati in almeno un occhio). Poi i gruppi sono stati invertiti, per ulteriori due mesi: coloro che avevano ricevuto il farmaco hanno ricevuto il placebo, gli altri la clemastina. Alla fine l’associazione è risultata molto chiara: l’antistaminico era associato a un miglioramento misurabile della trasmissione del nervo ottico, sia pure di lieve entità (una velocizzazione, in media, di due millisecondi).

L’aumento di velocità della trasmissione dell’impulso luminoso ha una sola possibile spiegazione: il miglioramento delle condizioni della mielina, danneggiata dalla malattia. Per questo i risultati, presentati all’ultimo congresso dell’American Academy of Neurology svoltosi a Vancouver, in Canada, sono stati accolti con molto interesse, e giudicati senz’altro meritevoli di approfondimenti, anche perché la clemastina è già in vendita da molti anni.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 19 giugno 2016
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: sclerosi multipla



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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