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Perché i ciclisti di città non indossano quasi mai il casco? E come convincerli a farlo?

Gli incidenti con trauma cranico sono purtroppo frequenti, tra chi usa abitualmente la bicicletta in città. Ma le conseguenze potrebbero essere decisamente meno gravi, se le persone usassero sempre i caschetti. E allora ci si chiede: perché non lo fanno quanto dovrebbero, a meno che non ci siano leggi che obbligano a farlo? La domanda se l’è posta Steven Friedman, medico del pronto soccorso di Montreal, in Canada, città dove sono in molti a usare le biciclette, nonostante il clima, ma dove anche gli incidenti sono frequenti. Dopo aver verificato la letteratura, e scoperto che, nei pochi studi disponibili, ciò che funziona di più, per convincere le persone, sono gli incoraggiamenti, Friedman ha chiesto a 72 suoi pazienti (cioè persone giunte in pronto soccorso per un trauma non grave dopo un incidente in bicicletta, avvenuto mentre non indossavano il casco) di partecipare a uno studio per un anno, dopo aver compilato un questionario.

Più di tre quarti ha ammesso di non mettere mai il casco, ma non per sfiducia: praticamente tutti hanno concordato sulla sua utilità. Piuttosto, le motivazioni erano di tipo economico, oppure per la scomodità dei modelli provati. E questo anche se metà dei ciclisti pensava che le strade di Toronto fossero molto pericolose.

Come ha riferito Friedman al congresso europeo di medicina d’urgenza svoltosi a Copenaghen, in Danimarca, nei giorni scorsi, circa un terzo dei ciclisti infortunati è stato assegnato in modo casuale a un protocollo per promuovere l’uso del casco, mentre gli altri sono stati randomizzati come controlli. Il protocollo includeva: una spiegazione dell’importanza del casco fornita dal coordinatore della ricerca, un buono per avere un casco gratuito, promemoria via e-mail programmati con un breve sondaggio sull’uso del casco, un gruppo sui social media e l’opportunità di regalare a un amico per un casco gratis dopo un anno.

I risultati sono stati molto chiari: metà di coloro che avevano ricevuto il voucher aveva riscattato il buono e preso il casco. Inoltre, anche se molti partecipanti non hanno più risposto, tra quelli che lo hanno fatto (17 su 72 persone), il 75% dei beneficiari degli incentivi ha dichiarato di indossare sempre il casco, rispetto al 22% dei controlli.

Ciò dimostra che, per convincere le persone, sono necessari un mix di educazione e incentivi anche economici, più che obblighi e divieti, come ha sottolineato Friedman: “Le iniziative per aumentare l’uso del casco dovrebbero affrontare gli ostacoli percepiti come tali ed esplorare ulteriormente le convinzioni dei ciclisti riguardo al rischio di lesioni e morte. Gli interventi che abbiamo testato, basati sui principi dell’educazione degli adulti e dell’economia comportamentale, potrebbero essere efficaci nell’ottenere un uso prolungato del casco. Ora abbiamo bisogno di studi più ampi per confermare i nostri risultati, e per perfezionare il nostro protocollo”.

 

 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 29 ottobre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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