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I rimedi alternativi (di qualunque tipo)
non hanno alcuna efficacia nell’autismo

Le terapie alternative e naturali, che moltissimi autistici (fino al 90%) adottano nel corso della loro vita, potrebbero essere del tutto inutili. Per 19 di essi non c’è alcuna prova che funzionino e, anche quando qualche indizio autorizza a sperare, i dati, a oggi, sono del tutto insufficienti per sbilanciarsi su un eventuale effetto terapeutico. Lo dimostra uno degli studi più completi mai effettuati, appena pubblicato sulla rivista del gruppo Nature Human Behaviour dai ricercatori dell’Istituto Pasteur di Parigi: una metanalisi a ombrello. Si tratta di un tipo di studi che analizza altre metanalisi – in questo caso 248, che hanno coinvolto oltre 10.000 autistici - e le ha rielabora secondo criteri molto rigorosi, per arrivare a dare indicazioni motivate scientificamente.

I trattamenti inclusi erano: l’agopuntura, le terapie con animali, quelle con acidi grassi, quelle con erbe, quelle con supplementi come la L-carnitina e la L-carnosina, la L-acetilcisteina, la vitamina D, l’ossitocina, le secretine, i sulforani o la melatonina, e poi la musicoterapia, l’attività fisica, i probiotici, la stimolazione magnetica transcranica (rTMS) e quella diretta o tDCS, l’integrazione sensoriale e le diete. Per nessuno di essi è stato possibile dimostrare una qualche efficacia. E’ bene quindi tenere presente che si tratta di approcci che non hanno prove a supporto.

Per aiutare gli autistici (o, nel caso dei bambini, i genitori e in generale i caregiver) a verificare se un rimedio che viene loro proposto sia stato oggetto di qualche studio e, se sì, con quali esiti, i ricercatori hanno messo a disposizione una piattaforma online che sarà sempre aggiornata.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 22 settembre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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