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La sclerosi laterale amiotrofica potrebbe avere un’origine autoimmune e ambientale

La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) o morbo di Lou Gherig potrebbe essere qualcosa di molto diverso rispetto a ciò che si è pensato finora: potrebbe avere un’origine autoimmune, cioè nascere da uno sbilanciamento delle reazioni di versi tipi di linfociti T, che di solito agiscono in senso opposto per tenersi reciprocamente sotto controllo ma che, in quetso caso, attaccherebbero proteibne self. Se così fosse, molto potrebbe cambiare nella diagnosi e nella terapia, che a oggi di fatto non esiste.

La rivoluzione, illustrata su Nature, porta la firma di un neuroimmunologo italiano, Alessandro Sette, da decenni a capo del La Jolla Institute for Immunology dell’Università della California, e già autore di diverse scoperte fondamentali, compresa la prima descrizione del sito immunogenico di Sars-CoV2, il virus del Covid 19.

In questo caso, Sette e il suo team hanno analizzato attentamente il sangue di una quarantina di malati e di 28 controlli sani, e hanno scoperto che, nei primi, c’è una reazione autoimmune guidata dai linfociti CD4+ contro una proteina del sistema nervoso chiamata C9orf72. Questo spiega la rapida evoluzione, che di solito porta al decesso entro pochi mesi dalla diagnosi. Tuttavia, Sette ha voluto anche capire perché il 10% dei pazienti – il più famoso dei quali è stato senza dubbio il chimico Stephen Hawking, deceduto a 55 anni dopo la diagnosi – sopravvive per molto più tempo. Analizzando le sottopopolazioni di linfociti, Sette ha dimostrato che in effetti sembrano esserci due tipologie principali di malati. Tutti hanno i CD4+ contro C9orf72, che secernono due tipi di citochine, le interleuchine 5 e 10 (IL5 e IL10), ma quel 10% rilascia più IL10, che smorza l’attività infiammatoria sostenuta da IL5. In questo modo, anche se l’infiammazione e la neurodegenerazione sono presenti, sono anche costantemente contrastati grazie a IL10, e il paziente vive più a lungo.

Se ci saranno conferme, la ricerca di nuove terapie potrebbe essere incentrata su quelle che prendono di mira C9orf72, ma anche su quelle che cercano di attenuare i CD4+ con più IL5 e potenziare quelli protettivi, con più IL10. Inoltre, il dosaggio dei linfociti specifici potrebbe essere utilissimo nella diagnosi e per monitorare l’andamento delle cure. 

 

Oltra q uesto, un altro studio, pubblicato su Scientific Reports, mostra un’associazione inedita, di tipo geografico, con la sclerosi multipla, con un gradiente da nord a sud, già noto per quest’ultima malattia. Le due patolgie hanno lo stesso andamento, cioè sono molto più frequenti al Nord, e sempre meno via via che siv a verso il Sud del pianeta. Dopo tutte le correzioni possibili, ciò che resta è la possibilità che tra le cause, evidentemente esterne, vi siano sia fattori come virus, batteri e funghi specifici delle zone più fredde, sia attività umane come, per esempio, il riscaldamento delle case.

La storia della SLA potrebbe davvero essere a una svolta.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 27 ottobre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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