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Contro la perdita di memoria esercizi per l’immaginazione

di Agnese Codignola

Tra gli effetti neurologici della sclerosi multipla in forma grave vi è anche la perdita di memoria cosiddetta autobiografica (o AM, da autobiographical memory), cioè relativa a episodi della propria vita, e di quella dell’immaginazione episodica futura (o EFT, da episodic future thinking), che consiste nella capacità di immaginarsi in un futuro prossimo, relativamente ad alcune situazioni. Questo può avere conseguenze anche pesanti sulla qualità di vita dei malati, poiché entrambe le funzioni aiutano molto a mantenere integro il senso del sé e a trovare l’energia mentale necessaria per affrontare nel modo giusto la malattia.

Per questo un gruppo di esperti francesi, dell’Università di Strasburgo, ha condotto una serie di sedute con una quarantina di malati in fase recidivante della malattia, sottoponendoli a sei sedute da due ore di esercizi per l’immaginazione mentale visiva (o MVI, da mental visual imagery) oppure a tecniche finte, dalle quali non ci si attendevano risultati, come controllo. Gli esercizi comprendevano quattro passaggi di crescente difficoltà, che avevano lo scopo di insegnare nuovamente ai malati a esercitare le funzioni immaginative e della memoria, sotto la guida costante di un neuropsicologo adeguatamente formato.

Alla fine, secondo quanto riferito sulla rivista Restorative Neurology And Neuroscience, tutti i partecipanti trattati con la vera MVI hanno riferito un miglioramento generale e specifico per quanto riguardava la memoria autobiografica e quella episodica futura, che si è riflesso sulle loro attività quotidiane e sui livelli di autocontrollo e vitalità. Questo miglioramento non c’è stato, invece, nei pazienti che erano stati sottoposti alle tecniche finte.

I ricarcatori sperano che questo tipo di strategie possa essere convalidato con sperimentazioni più ampie e, se confermato, inserito nei normali programmi di cura dei malati.

Data ultimo aggiornamento 15 ottobre 2015
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Tags: sclerosi multipla



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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