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Più che il denaro, sono istruzione e socialità a portare le persone al museo o a teatro

Alla domanda sul perché alcune persone vadano regolarmente alle mostre d’arte, ai concerti di musica classica o alle opere, ai musei, mentre altre non lo facciano mai, o solo raramente, si tende a rispondere: perché le prime se lo possono permettere. Ma è proprio così? No, secondo uno studio appena pubblicato sul Journal of the Association for Consumer Research dai ricercatori dell’Università della California di San Diego. Ciò che spinge le persone è altro, e il denaro, che pure ha un ruolo, è tutto sommato marginale.

Per capire quali fossero le motivazioni che spingono le persone a partecipare o meno a un evento culturale, gli autori le hanno raggruppate in tre grandi categorie: quelle culturali, intese come il livello di istruzione, l’ampiezza del vocabolario a disposizione, la cultura appunto; quelle sociali, cioè le connessioni che potevano favorire la partecipazione come le associazioni culturali, i gruppi di appassionati e così via; e quelle economiche, nelle quali rientravano le risposte di chi partecipava o meno a seconda della disponibilità economica e dei costi dell’evento.

Quindi hanno intervistato 400 persone che vivevano negli Stati Uniti e poco meno di 7.000 inglesi, e hanno trovato risposte abbastanza chiare, e sorprendenti. In entrambi i campioni, le motivazioni economiche sono all’ultimo posto: prevalgono le altre due. In Gran Bretagna, dove la mobilità sociale è ancora piuttosto bloccata, prevalgono le cause culturali, mentre negli Stati Uniti, dove le barriere sociali sono più flessibili, quelle sociali. Il costo, gli sconti e anche la gratuità, che naturalmente possono aiutare, sono meno determinanti, ai fini della scelta di partecipare. Ciò che spinge le persone in un museo, in una galleria o in un teatro è la consapevolezza della bellezza di ciò che viene proposto oppure l’accettazione di una proposta fatta da amici, conoscenti, membri di un’associazione e così via.

Secondo gli autori, in fondo il risultato non stupisce, perché la cultura è profondamente intrecciata con il tessuto sociale, di cui è parte integrante, e le persone prendono parte alle sue manifestazioni quando sentono che queste rafforzano il loro senso di identità. Piuttosto, è necessario che ne capiscano il linguaggio e i codici. Per questo, più che distribuire sconti e biglietti gratuiti, chi deve promuovere le iniziative dovrebbe intensificare e allargare le attività educazionali, affinché tutti siano in grado di apprezzare un evento e, quindi, motivati a parteciparvi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 31 ottobre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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