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Centri urbani con limiti a 30 km/h: grandi
vantaggi per tutti, a cominciare dai ciclisti

Imporre una velocità massima di 30 chilometri all’ora (km/h) agli autoveicoli nei centri urbani è una misura che ha solo conseguenze positive, senza peraltro modificare sensibilmente la durata media dei percorsi. Lo dimostrano le esperienze di città come Parigi e Bologna, e ora lo certifica anche uno studio condotto in Australia, a Melbourne, dove una nuova legge permette di limitare la velocità nelle vicinanze delle scuole e nei centri delle città appunto a 30 km/h. I ricercatori della locale università si sono concentrati su un mezzo di spostamento sempre più diffuso e utilizzato anche dai riders: la bicicletta, e hanno calcolato che cosa accadrebbe se il limite fosse già attivo, tenendo conto dei parametri di Melbourne. Come hanno poi riferito sul Journal of Cycling and Micromobility Research, i ciclisti avrebbero una diminuzione del tempo in cui sono esposti a strade ad alto livello di traffico del 30%, e un raddoppio del tempo in cui circolano in strade poco pericolose, che passerebbe da un terzo a due terzi del totale. In questo modo, correrebbero molti meno rischi di incidenti gravi, e lo stesso accadrebbe a chiunque passi nelle zone a limite 30, mentre i percorsi medi degli automobilisti, secondo i calcoli, si allungherebbero solo di un minuto.

Crollerebbe anche il rumore, altro effetto negativo per la salute di tutti, anche perché i motociclisti con veicoli rumorosi e inquinanti sarebbero motivati a evitare le strade cittadine, preferendo quelle dove possono andare veloci.

Infine, anche la qualità dell’aria migliorerebbe decisamente. E una situazione più tranquilla per tutti, bambini compresi, incoraggerebbe molte persone a usare di più la bici e di meno l’auto. 

Quando i decisori oppongono resistenza, è quindi solo per motivi politici. Per la scienza, il limite di velocità a 30 km/h nei centri urbani è solo positivo.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 29 ottobre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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