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C’è la conferma: il Long Covid modifica davvero, e in peggio, il ciclo mestruale

C’è la conferma: il Long Covid, la sindrome post infettiva che colpisce tra il 3 e il 7% di chi ha avuto il covid (si stima 400 milioni di persone nel mondo), interferisce con il ciclo mestruale, dando mestruazioni più abbondanti, irregolari e dolorose. Lo dimostra uno studio pubblicato su Nature Communications dai ricercatori dell’Università di Oxford, in Gran Bretagna, nel quale sono stati presi in esame tre tipi di dati: quelli di una popolazione di migliai di donne, quelli di un campione selezionato di pazienti con Long Covid seguite per almeno tre mesi e quelli delle analisi del sangue e dei tessuti uterini.

Per capire che cosa vi fosse di fondato in una situazione spesso riferita dalle donne, gli autori hanno messo a confronto i dati di 9.400 donne che non avevano contratto il covid con quelli di circa mille che si erano colpite da Long Covid. Queste ultime riferivano di aver notato un allungamento delle mestruazioni, un aumento della irregolarità e del volume di sangue e un ciclo più doloroso. Per confronto, le 1.700 donne che erano state infettate da Sars-CoV2 ma non avevano avuto conseguenze a lungo termine non hanno riferito particolari alterazioni. Le differenze sono state confermate studiando molto da vicino 54 donne con Long Covid da tre mesi, durante le diverse fasi del ciclo, e analizzando l’andamento delle diverse tipologie di ormoni uterini e delle molecole tipiche dell’infiammazione, alcuni dei quali sono risultati notevolmente diversi rispetto a chi non aveva avuto il Long Covid. Gli esami, condotti anche su campioni di tessuti, hanno poi confermato che gli ormoni ovarici non sembrano invece cambiare: una buona notizia per quanto riguarda il concepimento, che non dovrebbe essere ostacolato.

Aver identificato un quadro che definisce le conseguenze sul ciclo potrebbe aiutare a diagnosticare il Long Covid, così come a cercare una cura specifica, per alleviare almeno questo sintomo a chi è messo a dura prova dalla siundrome post virale.


Data ultimo aggiornamento 16 ottobre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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