INTERVISTA A SILVIO GARATTINI
Perché il 90% dei fondi pubblici
è stato indirizzato sui vaccini

di Paola Scaccabarozzi
Il tema della cura e della prevenzione del Covid è un argomento nodale all’interno del dibattito scientifico internazionale. Ciò ovviamente ha avuto e sta continuando ad avere un impatto significativo sulla gestione politica ed economica della pandemia.
La premessa è che una parte significativa e cospicua di fondi pubblici è stata destinata dal governo degli Stati Uniti e dai governi europei allo sviluppo dei vaccini. In particolare, l’Operazione Warp Speed, approvata dal Congresso americano nel marzo 2020 per fronteggiare l’emergenza-Covid, con una dotazione iniziale di 10 miliardi di dollari (poi cresciuta nel corso dei mesi), ha puntato per più del 90% sui vaccini, e solo in piccola parte sugli anticorpi monoclonaliGli anticorpi monoclonali sono anticorpi del tutto simili a quelli che il sistema immunitario produce contro i “nemici” (batteri, virus e altro ancora), ma non sono presenti in modo naturale nel nostro organismo. Vengono creati in laboratorio, grazie a tecniche di ingegneria genetica, e sono mirati contro un preciso bersaglio della malattia, identificato dai ricercatori: per esempio, nel caso del Covid, contro la proteina Spike, utilizzata dal coronavirus per entrare nelle cellule e infettarle. Una volta prodotti, vengono fatti moltiplicare in laboratorio, identici, in un numero grandissimo di copie, o di cloni (per questo vengono chiamati monoclonali), e poi immessi nell’organismo del paziente, in genere tramite infusione (endovena). e su altri possibili farmaci.
Grazie anche a questa ingente massa di denaro sono stati messi a punto in brevissimo tempo numerosi tipi di vaccini, come sappiamo, per la prima volta nella storia, alcuni già approvati dall’Agenzia europea del farmaco (EMA) e da Swissmedic, e altri in via di approvazione o nelle fasi conclusive di una sperimentazione che è stata rapidissima, proprio grazie a un immane sforzo economico, senza precedenti.
Premesso che, secondo gli esperti, il vaccino costituisce la prevenzione più efficace nei confronti della malattia indotta dal virus SARS-CoV-2 (responsabile della malattia Covid-19), oltre alle norme di distanziamento e all’utilizzo corretto della mascherina, perché una quota così ridotta di fondi pubblici è stata destinata alla ricerca sugli anticorpi monoclonali o altri farmaci, che comunque possono svolgere un ruolo importante? Lo abbiamo chiesto a una voce estremamente autorevole, il professor Silvio Garattini, scienziato, medico, docente in chemioterapia e farmacologia, fondatore e a lungo direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri" di Milano.
«La ragione principale e fondamentale - spiega Garattini - sta proprio in ciò che i vaccini rappresentano, ossia l’arma migliore per sconfiggere la malattia, e non solo. Se distribuiti in tempi veloci, i vaccini sono anche in grado di difenderci dall’insorgenza di numerose possibili varianti del virus. La grandissima sproporzione in termini economici tra denaro destinato ai vaccini e i fondi devoluti agli altri farmaci risiede proprio nella loro imprescindibile utilità della prevenzione. Attualmente sono allo studio circa sessanta tipi diversi di vaccini in tutto il mondo. Ciò non toglie che anche gli anticorpi monoclonali, farmaci noti da tempo e utilizzati per la cura di alcune malattie croniche come, ad esempio, l’artrite reumatoide o il morbo di Crohn, siano importanti dal punto di vista terapeutico. Attualmente - continua Garattini - ne sono stati approvati due dall’AIFA, l’Agenzia italiana del farmaco (ma non ancora dall’EMA, ndr), ossia quelli prodotti da Regeneron e da Eli Lilly. Ma almeno altri due sono in corso di studio e validazione negli Stati Uniti, e ne avremo successivamente parecchi altri in un futuro prossimo. Quello che sappiamo ora, però, è che gli anticorpi monoclonali agiscono solo nelle prime fasi della malattia e andrebbero utilizzati su pazienti a rischio (per età, problemi del sistema immunitario, comorbilità...), a domicilio, da personale specializzato, proprio per evitare l’ospedalizzazione. Gli anticorpi monoclonali non hanno effetto sulla malattia in stadio avanzato. Certo, sarebbe molto utile averne a disposizione, e per questo (discorso analogo a quello dei vaccini) bisogna implementarne la prenotazione e l’acquisto da parte delle nostre Autorità».
Esistono altri farmaci, oltre ai vaccini e agli anticorpi monoclonali, per la prevenzione e la cura del Covid-19?
«Si possono utilizzare altri anticorpi che funzionano in maniera analoga agli anticorpi monoclonali, ma hanno una struttura più semplice e possono essere usati anche sotto forma di aerosol. Si chiamano nanobodies (sono, appunto, frammenti di anticorpi) e possono costituire un’arma importante perché sono anche più potenti dei monoclonali stessi. Ma, anche in questo caso, bisogna seguire l’evoluzione della produzione di questi farmaci. Esistono poi gli antivirali, farmaci utili a impedire le fasi replicanti del virus. Sono stati efficacemente studiati per l’infezione da HIV. Sarebbe quindi utile, anzi fondamentale e imprescindibile, avere una "regia": un gruppo di coordinamento, cioè, in grado di verificare costantemente lo stato dell’arte in relazione ai programmi di ricerca messi a punto nel mondo per sconfiggere un virus che stiamo continuando a studiare e a cercare di comprendere».
---
Nella foto, Silvio Garattini (© Getty Images - Mondadori Portfolio)
Data ultimo aggiornamento 6 febbraio 2021
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco
Tags: coronavirus, Covid-19