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Scoperti 140 nuovi geni che predispongono alla sindrome delle gambe senza riposo

La sindrome delle gambe senza riposo, o restless leg syndrome (RLS) caratterizzata da movimenti involontari degli arti inferiori soprattutto durante il sonno, che colpisce circa un anziano su dieci (ma anche persone giovani ne possono soffrire), e che può compromettere anche gravemente la qualità della vita, è un po’ meno misteriosa. Grazie a un grande studio genetico, infatti, condotto dai ricercatori delle Università di Monaco, in Germania, e di Cambridge, in Grab Bretagna, è stato possibile identificare decine di geni mai coinvolti prima, che potrebbero aiutare a individuare per tempo le persone più a rischio, e a progettare terapie mirate. 

Come riferito su Nature Genetics, per capire se, oltre ai 22 geni già descritti, ve ne fossero altri, gli autori hanno lavorato sui dati di tre grandi archivi genetici derivanti da studi di popolazione, per un totale di oltre 110.000 pazienti e 1,5 milioni di persone senza la RLS, usate come controlli. Il risultato è stato l’identificazione di 140 nuovi siti che indicano un aumento di rischio (un numero, quindi, circa otto volte più grande rispetto a quanto si sapeva prima), compresi due siti sul cromosoma X (e quindi solo femminili), per un totale di 164 geni.

In alcuni casi si tratta di geni che codificano per i recettori del neurotrasmettitore glutammato (di tipo 1 e 4), e questa è una buona notizia, perché contro questi recettori esistono già farmaci efficaci (per esempio due anticonvulsivanti), che potrebbero essere impiegati subito, e perché i bersagli "recettori del glutammato 1 e 4 " potrebbero servire per progettarne di nuovi. Sul ruolo degli altri geni che presentazioni variazioni sospette si indagherà a fondo, per rispondere anche a domande rimaste finora senza risposta tra le quali il perché della maggiore prevalenza nelle donne, e il perché dell’associazione della RLS con depressione, ansia, malattie cardiovascolari, ipertensione e diabete, dimostrata ma non spiegata.

Si pensa infine che un esame genetico, in futuro, potrebbe aiutare a individuare le persone più a rischio, e a predisporre per loro efficaci strategie preventive.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 7 giugno 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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