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Le ginocchia dell’anziano si proteggono
con il Rhei-ho, l’antica arte dei samurai

Per rafforzare la muscolatura e le articolazioni soprattutto via via che si va avanti con gli anni, e prevenire così fratture e cadute, si può chiedere aiuto ai samurai. La loro antica arte nota come Rhei-ho, messa a punto nei secoli per allenare fisicamente i guerrieri, può infatti essere utilissima per preservare la forza soprattutto delle articolazioni delle ginocchia, che sono le responsabili dell’equilibrio e, quando instabili, delle cadute. Lo ha dimostrato uno studio pubblicato sul Tohoku Journal of Experimental Medicine dai ricercatori della Tohoku University giapponese nel quale è stato chiesto ad alcuni anziani di eseguire uno dei movimenti più semplici, quello della seduta. Nel Rhei-ho non ci si siede chinando la schiena, ma mantenendola in asse, perpendicolare al terreno, e quindi restando dritti. Ciò implica una certa pressione sulle ginocchia che, dovendo lavorare in questo modo, si rafforzano.

Nello studio, una parte di anziani ha eseguito questo semplicissimo movimento per soli cinque minuti al giorno, per un mimino di quattro giorni alla settimana per tre mesi, mentre il gruppo di controllo non ha svolto esercizi specifici. Alla fine dei tre mesi, la forza di estensione del ginocchio (il parametro più significativo per misurare la capacità residua) era aumentata del 25,9% in chi aveva eseguito il Rhei-ho, e solo del 2,5% negli altri.

Ciò dimostra quindi che, senza bisogno di attrezzature né di insegnanti (i movimenti sono semplicissimi, e illustrati nel lavoro), dovunque ci si trovi si possono mantenere le proprie ginocchia in forze, e si può prevenire così almeno in parte una delle situazioni più comuni e più pericolose, la perdita di efficienza e di forza, che oltre a provocare dolore è spesso all’origine di guai significativi per l’anziano come le cadute,che a loro volta cauisano spesso perdita di mobilità e di autosufficienza.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 10 ottobre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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