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La diagnosi di sclerosi multipla presto
si potrà fare anche osservando la retina

La diagnosi della sclerosi multipla, e probabilmente anche quella di malattie neurodegenerative come la demenza di Alzheimer e il morbo di Parkinson, in un futuro non lontano potrebbe essere fatta con l’ausilio di esami dell’occhio del tutto non invasivi, e altamente affidabili, interfacciati con programmi di intelligenza artificiale (AI). Uno studio pubblicato su Traslational Vision Science & Technology dai ricercatori delle università di Durham (Gran Bretagna) e Isfahan (Iran) convalida infatti l’impiego combinato di due tecnologie già disponibili come strumenti diagnostici accurati e precisi, la tomografia ottica a coerenza (OCT) e l’oftalmoscopia a scanner con laser infrarosso (IR-SLO), i cui dati siano interpretati da un’AI.

Il fondo della retina è come una finestra sui nervi cranici: osservando le sue caratteristiche anatomiche e fisiologiche è possibile capire molto di ciò che accade nel cervello. Per questo da tempo si studia l’utilizzo di tecniche messe a punto in oculistica, per esempio per studiare le maculopatie, per altre malattie come, per esempio, l’Alzheimer. Ora gli autori dello studio dimostrano, con numeri già convincenti, che lo stesso approccio potrebbe essere molto utile anche per la sclerosi multipla.

Il primo passaggio è stato quello di istruire un sistema di AI con le immagini ottenute con le due tecniche da 32 pazienti e da 70 controlli sani, in modo che esso memorizzasse tutte le peculiarità delle retine interessate dalla sclerosi multipla. Poi il programma è stato messo alla prova su un centinaio di pazienti interni di uno dei centri coinvolti, e il risultato è stato più che positivo: il sistema ha identificato i malati con una sensibilità del 95% (cioè, nel 92% dei casi, ha distinto i malati dai non malati), una precisione del 92% (cioè, nel 95% dei casi è stato in grado di diagnosticare lo stadio della sclerosi) e una specificità del 92% (cioè, nel 92% dei casi ha fornito una diagnosi specifica a livello di stadio di varie caratteristiche). Quindi, per avere ulteriori conferme, gli autori hanno usato lo stesso sistema su altri set di dati provenienti da altri ospedali, ottenendo un esito comunque molto incoraggiante, e cioè una sensibilità del 97%, un’accuratezza dell’82% e una sensibilità dell’85%. Tutto ciò suggerisce che questi metodi, interfacciati con programmi appositi, già disponibili in tutto il mondo, del tutto innocui e relativamente poco costosi, potrebbero realmente diventare preziosi per confermare la diagnosi, o per suggerirne una prima di quanto non riescano a fare quelli attualmente a disposizione. 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 29 luglio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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