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L’eccesso di disinfettanti domestici sta selezionando batteri resistenti ai farmaci

Anche se sono stati fondamentali durante la pandemia, i disinfettanti da utilizzare sugli oggetti e negli ambienti sono troppo pubblicizzati, e stanno avendo un effetto collaterale grave: stanno selezionando batteri resistenti, soprattutto nelle città. Lo confermano due diversi studi, che giungono alle stesse conclusioni: non bisogna utilizzarli in modo eccessivo nelle abitazioni, non ce n’è affatto bisogno. Piuttosto, bisogna avere sempre presente il grande problema della resistenza che, secondo le ultime stime pubblicate su Lancet, farà 39 milioni di morti entro il 2050 (sempre che la situazione non peggiori ulteriormente o che, viceversa, non si trovino nuovi antibiotici) e già oggi miete un milione di vittime all’anno.

Nel primo, pubblicato su Microbiome, i ricercatori della City University of Hong Kong hanno raccolto 738 campioni nelle più diverse realtà e non di Hong Kong, dalle abitazioni alla metropolitana, dal porto alla pelle delle persone, e hanno poi analizzato geneticamente il contenuto. Hanno così identificato 363 specie mai descritte prima negli stessi ambienti. Tra queste gli Eremiobacterota, finora isolati solo in Antartide. Il fatto preoccupante è che questi batteri esprimono enzimi specifici per metabolizzare i gruppi che contengono ammonio quaternario, un composto quasi onnipresente nei disinfettanti da oltre cento anni, e poi alcol e formaldeide, altri componenti centrali degli antisettici. Al tempo stesso, hanno scoperto 11 varietà di Micrococcus luteus, un batterio che di solito non provoca malattie, ma che nelle persone con un sistema immunitario compromesso può diventare fatale. Il timore è che, oltre ai danni diretti, questi batteri possano trasmettere i geni della resistenza ai disinfettanti a organismi diversi, un fenomeno noto come trasmissione orizzontale.

La conferma della concretezza di questi timori arriva dal secondo studio, pubblicato su ACS Infectious Diseases dai ricercatori della Emory University di Atlanta (USA), nel quale si dimostra che un batterio pericoloso, lo Pseudomonas aeruginosa, presente nella lista dell’OMS di quelli più temibili, largamente diffuso, ha acquisito la resistenza ai disinfettanti (certamente per trasmissione orizzontale, visto che non ce l’aveva) e, nello specifico, proprio ai composti con ammonio quaternario. La scoperta è arrivata dall’analisi di venti campioni presi nell’Ospedale per veterani Reed: tutti gli pseudomonas presenti contenevano resistenze più o meno marcate per i derivati dell’ammonio quaternario, e l’80% era totalmente resistente: una cosa mai vista prima, che probabilmente deriva anche da un uso non corretto dei prodotti commerciali. I disinfettanti con ammonio devono infatti rispettare alcune regole cruciali per agire e non selezionare batteri resistenti ma, soprattutto durante e dopo la pandemia, probabilmente queste non sono state rispettate. E oggi le pubblicità sulla necessità di disinfettare tutto sono martellanti, e profondamente sbagliate perché non vi è alcuna necessità di disinfettare gli ambienti domestici: basta tenerli puliti. 

 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 13 novembre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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