Questo sito utilizza cookies tecnici per l'analisi del traffico, in forma anonima e senza finalità commerciali di alcun tipo; proseguendo la navigazione si acconsente all'uso dei medesimi Ok, accetto

Per la prima volta una cura a base di miRNA è riuscita a frenare la còrea di Huntington

Per la prima volta una terapia è riuscita a rallentare in misura molto rilevante l’evoluzione della malattia di Huntington, la patologia neurodegenerativa causata da mutazioni del gene della Huntingtina, ereditaria, e contro la quale, a oggi, non esiste cura.

Secondo quanto annunciato dall’azienda uniQure, con sede ad Amsterdam, e non ancora pubblicato su una rivista, i dati ottenuti sui primi 29 pazienti mostrano infatti, a tre anni dal trattamento, un rallentamento del 75% della progressione rispetto a persone simili per età e condizioni ma non trattate.

La terapia prende di mira l’Huntingtina, la proteina difettosa che, accumulandosi nel cervello, nel tempo (la diagnosi di solito è tra i 35 e i 55 anni) lo intossica, innescando la degenerazione. Grazie a un virus geneticamente modificato, si introduce direttamente nel cervello, con una cannula inserita nel corpo striato (la parte di sistema nervoso più colpita), un frammento di RNA inibitorio o miRNA che impedisce al gene difettoso di essere tradotto in proteina tramite il suo, di RNA. Il miRNA, infatti, blocca la traduzione.

Se approvata, sarebbe la prima terapia che sfrutta i miRNA, oggetto anche del premio Nobel della medicina del 2024, ma finora non applicata in clinica.

Ci sono comunque diversi limiti da tenere presente. Innanzitutto, la cura richiede un intervento chirurgico piuttosto impegnativo, e anche se i 29 pazienti hanno riportato solo effetti collaterali minori, non è per tutti. Poi ci sono i costi: se dovesse arrivare l’approvazione, potrebbero superare il milione di dollari a paziente. E anche se a conti fatti potrebbe essere conveniente rispetto alle terapie necessarie per i pazienti “normali”, che durano anni, non sarebbe alla portata di tutti. Infine, le spese potrebbero drenare le risorse che al momento sono poste anche su un altro approccio genetico, che punta a curare la malattia, e non solo a rallentarla: quello che sfrutta le forbici molecolari del CRISPR per correggere il gene difettoso.

Il messaggio generale è però comunque positivo, perché indica, per la prima volta, una speranza di intervento efficace molto concreta.

 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 8 ottobre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



Warning: Use of undefined constant lang - assumed 'lang' (this will throw an Error in a future version of PHP) in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Notice: Undefined index: lang in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

Chiudi

Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

VAI ALLA VERSIONE COMPLETA