Questo sito utilizza cookies tecnici per l'analisi del traffico, in forma anonima e senza finalità commerciali di alcun tipo; proseguendo la navigazione si acconsente all'uso dei medesimi Ok, accetto

Per la prima volta dopo 25 anni potrebbe arrivare un nuovo farmaco contro la malaria

La lotta alla malaria potrebbe presto arricchirsi di un nuovo farmaco, che nello studio di fase III denominato KALUMA, i cui risultati sono appena stati presentati al meeting annuale della American Society of Tropical Medicine and Hygiene, si è dimostrato molto efficace. Come riportato per ora solo dall’azienda produttrice, la Novartis, e non pubblicato su riviste scientifiche, i dati riguardano poco meno di 1.700 persone trattate in 34 siti di 12 paesi africani con il nuovo farmaco, chiamato KLU156 (ganaplacide/lumefantrina, o GanLum), che è del tutto diverso da quelli della famiglia ancora attiva, ma verso la quale le resistenze stanno aumentando: le artemisinine. Sviluppato insieme alla ONG Medicines for Malaria Venture (MMV), il trattamento, somministrato in granuli una volta al giorno per tre giorni consecutivi, contiene due principi attivi, il ganaplacide, che impedisce al plasmodio di replicarsi (ed è la molecola del tutto nuova) e la lumefantrina, già usata ma qui in una formulazione nuova, più efficace e adatta a una sola somministrazione al giorno. Insieme, le due riescono a evitare la riproduzione del plasmodio e anche la trasmissione, e sono efficaci contro diversi ceppi resistenti. Nello studio, in particolare, ha mostrato un’efficacia del 97,4%, superiore a quella, del 94%, che si riesce a ottenere con le cure standard in assenza di resistenza. Anche l’indice di risposta parassitologica, dato dalla scomparsa del plasmodio nei 28 giorni successivi alla terapia, è stato superiore (85,3% versus 82,1%). Secondo gli autori il farmaco, se approvato, dovrebbe (almeno inizialmente) costituire la riserva da utilizzare solo qualora le altre cure non funzionino a causa dell’insorgenza di una resistenza, per preservarne l’efficacia il più a lungo possibile.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 1 dicembre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



Warning: Use of undefined constant lang - assumed 'lang' (this will throw an Error in a future version of PHP) in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Notice: Undefined index: lang in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

Chiudi

Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

VAI ALLA VERSIONE COMPLETA