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Quando curare la mamma fa bene al figlio

Uno studio dimostra che l’assunzione di immunoterapici durante la gravidanza riduce il rischio che il nascituro sia un allergico

di Agnese Codignola

L’immunoterapia contro le allergie assunta da una donna incinta può far diminuire sensibilmente il rischio che il figlio sviluppi a sua volta un’allergia alimentare, l’asma, la dermatite e le altre manifestazioni allergiche.

Lo dimostra uno studio presentato all’ultimo meeting dell’American College of Allergy, Asthma and Immunology (ACAAI) di Baltimora dai ricercatori dell’Università del Tennessee, che hanno chiesto a 192 donne allergiche di età compresa tra i 8 e i 48 anni di riferire in merito alla situazione clinica loro e dei loro figli, e alle cure eventualmente fatte in gravidanza.

Il risultato è stato che i figli delle donne che avevano assunto un vaccino specifico hanno avuto il 16% in meno di allergie rispetto a quelli delle donne che o non avevano assunto l’immunoterapia o l’avevano sospesa in gravidanza; la protezione esercitata dai vaccini sulle madri sembra quindi avere effetto anche sui figli.

Il dato è importante, poiché se un bambino ha entrambi i genitori allergici, la sua probabilità di essere allergico è del 75%; se l’allergico tra i genitori è uno solo, il rischio è compreso tra il 30 e il 40%, contro il 10-15% dei bambini che non hanno parenti allergici.

 

Data ultimo aggiornamento 15 novembre 2014
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: allergie, asma, dermatite, immunoterapia



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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