EBOLA
Ebola: nessun contagio con gli starnuti,
ma con il sesso non protetto sì
A rischio anche per tre mesi dopo la guarigione i rapporti con pazienti che hanno contratto la malattia. Lo precisa il rapporto della Commissione Europea. Debole, invece, il virus quando è nell’aria

di Giovanni Sabato
Con espressione poco scientifica ma efficace lo hanno definito un bruto stupido. Anche perciò sul virus di ebola (Zaire ebolavirus) e sui suoi pericoli continuano a circolare informazioni approssimative.
Il virus infatti è brutale nello sbaragliare le difese immunitarie e attaccare l’ospite, provocando dapprima sintomi simili all’influenza o alla malaria come febbre, dolori muscolari, mal di testa e di gola, debolezza, seguiti da vomito, diarrea, eruzioni cutanee, emorragie e fuoriuscita di liquidi dai vasi sanguigni, con crollo della pressione spesso fatale: nell’attuale epidemia in Africa occidentale si stima che muoia il 70% dei malati. È giusto quindi averne paura, considerato anche che non ci sono vaccini né farmaci specifici (si spera che i primi giungano nel 2015), anche se sembra che assistere al meglio i malati migliori la sopravvivenza.
Per fortuna, però, ebola è stupido: è tanto virulento quanto inefficiente nel diffondersi. Il virus non si trasmette per via aerea, con gli starnuti o la tosse come l’influenza, ma solo per contatto diretto con un individuo malato o appena morto, o con i suoi liquidi corporei come sangue, saliva, urina, vomito o sudore. Inoltre un malato non è contagioso durante l’incubazione ma solo quando inizia a mostrare i sintomi. Fuori dal corpo, poi, il virus è gracile: è ucciso facilmente da disinfettanti, saponi e detersivi (una normale lavatrice lo elimina dai vestiti), e resiste ben poco su superfici secche, al sole o al caldo. Sono considerati a rischio, invece, i rapporti sessuali non protetti con pazienti fino a tre mesi dopo la loro guarigione.
La Commissione Europea, nel suo rapporto continuamente aggiornato, precisa che - in ogni caso - non si può contrarre il virus da una persona infetta che non mostra ancora sintomi, né chiacchierando, camminando per strada, facendo la spesa o maneggiando oggetti comuni, né da zanzare o altri insetti. Il pericolo viene dal toccare i malati o oggetti appena contaminati da loro, o vestiti e strumenti medici sporchi dei loro liquidi corporei. Perciò chi rischia sono soprattutto i familiari dei malati e, se non si seguono le procedure corrette, i sanitari e chi maneggia i cadaveri.
È chiaro quindi perché, a parere degli esperti, il rischio di un’epidemia in Europa è minimo. Una volta avvertiti del rischio e disponendo degli strumenti adeguati, il virus è relativamente facile da controllare.
Come ci ricorda un’eloquente mappa preparata dal chimico britannico Anthony England, infatti, l’epidemia non sta dilagando «in Africa» ma in tre dei 54 Paesi africani, Guinea, Liberia e Sierra Leone, appena usciti da lunghi conflitti e con sistemi sanitari molto fragili, che ospitano 21 dei 1.100 milioni di abitanti del continente e occupano una piccola frazione della sua superficie. Paesi vicini come Senegal e Nigeria sono riusciti a isolare subito i malati in arrivo, rintracciarne i contatti e bloccare sul nascere l’epidemia. E lo stesso è in grado di fare l’Europa. Incidenti ed errori possono mettere a rischio le persone più esposte, come i sanitari che si sono infettati in Spagna e negli USA, ma difficilmente genereranno un’epidemia.
I controlli negli aeroporti di partenza, le informazioni ai passeggeri e le altre precauzioni fanno sì che al momento chi vive in Europa non debba adottare precauzioni particolari.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità assicura che, con le opportune precauzioni, persino i viaggi nei Paesi colpiti comportano scarsi rischi, tant’è che non ha disposto restrizioni agli spostamenti. «Inasprire l’isolamento di questi paesi paradossalmente aumenterebbe i rischi di un dilagare incontrollato dell’epidemia» spiega. «Aiutarli a combattere il virus è invece la migliore protezione per il resto del mondo». La autorità di gran parte dei Paesi europei consigliano, però, di rinviare i viaggi non urgenti.
Altrettanto infondate sono la paure di contagio tramite la carne di animali selvatici importata illegalmente. «L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha concluso che il rischio è molto basso», spiega il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC).
E quanto agli immigrati irregolari e ai richiedenti asilo, è estremamente inverosimile che una persona infetta riesca a superare il mare e raggiungere l’Europa prima di ammalarsi, e un malato non può certo affrontare le durezze del viaggio.
Data ultimo aggiornamento 30 gennaio 2015
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