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Un eccesso di igiene può favorire il diabete di tipo 1 (e l’autoimmunità)?

Un importante studio della Ue conferma che l’eccesso di saponi e disinfettanti inibisce, nei bambini, lo sviluppo corretto del sistema difensivo dell’organismo, e può aprire la porta a problemi autoimmuni

di Agnese Codignola

Negli ultimi cinquant’anni, in tutto il mondo occidentale e non solo,  l’incidenza delle allergie e delle patologie che coinvolgono il sistema immunitario è aumentata in modo esponenziale senza che, finora, nessuno abbia capito veramente perché.

Una delle ipotesi più accreditate è la cosiddetta teoria igienica, proposta nel 1989 sul British Medical Journal dal medico britannico David P. Strachan; secondo tale teoria, sarebbe l’eccesso di igiene in cui vivono i bambini occidentali fin dalla nascita (si pensi all’uso di saponi, detergenti, disinfettanti, antibatterici e a certe ossessioni igieniste promosse dalla pubblicità) a non consentire una giusta maturazione del sistema immunitario, il quale si troverebbe a fronteggiare troppo pochi nemici nei mesi fondamentali per un suo completo sviluppo, con maggiori probabilità, negli anni successivi, di disturbi autoimmuni (cioè di aggressione, per errore, delle cellule sane).

Una conferma è giunta dai primi dati resi noti dal consorzio che sta conducendo un grande studio europeo, chiamato DIABIMMUNE.

Il dato di partenza era epidemiologico: la Finlandia ha il più alto tasso al mondo di diabete di tipo 1 (una patologia con una forte componente autoimmune); al contrario, la confinante Carelia, regione molto povera della Russia, dove gli standard igienici sono molto al di sotto di quelli europei, ha un’incidenza della malattia che è circa un sesto di quella finlandese. E l’Estonia, paese economicamente e socialmente a metà tra queste due realtà, ha un numero di diabetici di tipo 1 che è circa la metà di quello finlandese.

Nel corso degli ultimi tre anni in ognuno di questi tre paesi (tra il 2010 e il 2013), circa 2.000 bambini di età compresa fra i tre e i cinque anni, e 300 neonati, sono stati controllati molto da vicino dal punto di vista clinico; contemporaneamente, ai loro genitori è stato chiesto di rispondere in modo regolare a un dettagliato questionario sulle abitudini di vita della famiglia (pulizie domestiche e personali, presenza di animali, dieta, vita in campagna e così via) e sulla predisposizione familiare alle allergie.

E ora iniziano ad arrivare i primi risultati. Si è visto infatti, su un primo campione della popolazione generale prevista, e cioè su un numero variabile tra 100 e 300 bambini di età compresa tra 0 e 5 anni, analizzati dal punto di vista genetico e poi clinico e per quanto riguarda le abitudini della famiglia, che i piccoli che non mostrano segni di diabete di tipo 1 sono anche quelli con una flora intestinale più eterogenea, composta da più specie di microrganismi. Ora le indagini proseguono per chiarire ogni aspetto del nesso tra igiene e diabete mellito (e altre malattie autoimmuni) quali, per esempio, il ruolo possibile delle diverse specie batteriche coinvolte, singolarmente e nel loro insieme, e per completare le indagini su tutti e 2.000 bambini previsti.

 

Data ultimo aggiornamento 15 novembre 2014
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: allergie, autoimmunità, diabete di tipo 1, teoria igienica



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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