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Quando il glutine condiziona anche l’amore

L’esigenza, vera o presunta, di cibi "gluten free" ha portato persino alla nascita di siti web di incontri per le persone che rifiutano questa sostanza. Spesso, però, ci si basa su autodiagnosi infondate, con conseguenze negative per l’organismo

di Emanuela Di Pasqua

Pia Strobl, quarantottenne statunitense celiaca, stava cercando online ristoranti gluten-free quando si è per caso imbattuta in un sito di incontri, frequentato da 25.000 persone con le sue stesse esigenze alimentari. Su GlutenFreeSingles.com ha incontrato Dale Graff e dopo due anni si è trasferita dal Montana al Connecticut per andare a vivere con quello che nel frattempo è diventato l’uomo della sua vita. Il caso della signora Strobl è certamente curioso, ma l’aspetto da mettere a fuoco è l’esistenza di un sito dedicato a persone che mangiano solo alimenti privi di glutine. Perché se da un lato è vero che probabilmente in passato la celiachia non veniva sempre diagnosticata, è altrettanto vero che ai nostri tempi pare esistere una sorta di demonizzazione del glutine, ritenuto spesso responsabile di patologie e allergie con le quali non ha nulla a che fare. E la moda della dieta gluten-free è arrivata a interessare persone che non sono né celiache né tanto meno allergiche.

LA CELIACHIA - La celiachia è una malattia autoimmune dell’intestino ed è causata da una proteina, la gliadina, presente nel grano e in forme simili negli altri cereali comuni, come orzo e segala. La presenza di questa proteina scatena una risposta immunitaria che causa un’infiammazione delle pareti intestinali, responsabile a sua volta di uno scarso assorbimento dei nutrienti, unitamente a disturbi fisici come gonfiore e dolore  addominale, dimagrimento e aumento del senso di fatica. L’unica diagnosi attendibile arriva da un apposito test del sangue (alla ricerca degli anticorpi responsabili della risposta immunitaria), abbinato a una biopsia duodenale. A oggi l’unica terapia per la celiachia consiste in una dieta rigorosamente priva di glutine. 

LA SENSIBILITA’ AL GLUTINE – «Condizione intermedia tra questa malattia che presenta una fisiopatologia molto chiara e la normalità è la cosiddetta gluten sensitivity, riconosciuta dalla comunità medica nel 2011, ma ancora oggetto di studio e con marcatori sconosciuti - spiega Laura Rossi, nutrizionista e ricercatore del Centro di ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione di Roma. - I sintomi di questa condizione sono aspecifici e non univoci, e ciò che non va fatto è escludere alimenti con glutine dopo una diagnosi fai-da-te. Semmai, di fronte a sintomi che possono essere sospetti, bisogna andare da un gastroenterologo» - continua Rossi, rimarcando che comunque una dieta a esclusione non è una buona cosa.
In realtà molte persone, spesso a torto, ritengono di soffrire di sensibilità al glutine: colpa dell’informazione superficiale, dei messaggi pubblicitari e delle mode. Diversi studi si sono interessati a questa apparentemente diffusa intolleranza e molti sono giunti alla conclusione che spesso si trattava di casi di erronee auto-diagnosi e che molto probabilmente i sintomi accusati da molti di coloro che sostengono di essere iper-sensibili al glutine erano da ascrivere ad altri nutrienti. I responsabili della sintomatologia che simula quella della celiachia sarebbero talvolta i cosiddetti FODMAP (oligo mono disaccaridi fermentabili e polioli), zuccheri presenti in svariati alimenti che, essendo scarsamente assorbibili, tendono a fermentare (il che, per certi aspetti, è bene), causando però l’irritazione delle pareti intestinali in persone predisposte. Una recente ricerca del Policlinico San Matteo di Pavia, pubblicata sulla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology, ha portato gli studiosi alla conclusione che molte delle persone che si ritengono intolleranti al glutine e seguono una dieta gluten-free in realtà non ne avrebbero alcuna necessità (come già avevamo riferito su Assedio Bianco). Inoltre, secondo i ricercatori di Pavia, la cosiddetta gluten-sensitivity è un fenomeno che riguarda soltanto una piccolissima  frazione di chi sostiene di soffrirne.
A oggi la diagnosi di gluten sensitivity è una diagnosi di esclusione. Si devono ancora definire i parametri genetici, immunologici e clinici della malattia, a cui si arriva di fatto escludendo sia la celiachia che l’allergia al grano. La gluten sensitivity fa parte delle cosiddette patologie scoperte nel tempo, che non vuol dire necessariamente nate da poco, ma semplicemente che è aumentata la capacità di individuarle, come spiega ancora Laura Rossi: «C’è chi addebita questa ipersensibilità alle "farine di forza" (si chiamano così), che hanno un’alta percentuale di glutine, ma la verità è che se ne sa ancora troppo poco».
E nell’attesa di saperne di più è bene aspettare, prima di escludere nutrienti che possono essere utili all’organismo. Il glutine, in particolare, è formato da due tipi di proteine che si chiamano gliadina e glutenina, e rende elastici buona parte dei prodotti da forno. Mentre consumare prodotti senza glutine, che hanno spesso maggiori quantità di grassi e di zuccheri per sopperire a questa mancanza, comporta il rischio di avere un’alimentazione sbilanciata.

Data ultimo aggiornamento 12 ottobre 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Vedi anche: 
Celiachia, a scatenare la risposta immunitaria non è solo il glutine
Sensibilità al glutine, solo in pochi casi è reale


Tags: celiachia, FODMAP, glutine



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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