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Polmonite, herpes zoster: vaccini per gli over65

Contrariamente a quello che molti credono, le vaccinazioni possono risultare molto utili, a volte decisive, anche per chi è anziano, e non solo per i bambini

di Daniele Banfi (Fondazione Umberto Veronesi)

Quando si parla di vaccini la tendenza è spesso quella di associarli alla tenera età. Non è un caso che l’investimento maggiore nelle campagne di vaccinazione riguardi le fasce di età tra gli 0 e i 6 anni. In realtà c’è un’altra grande categoria che necessiterebbe di maggiori investimenti ed è quella degli anziani. Accanto a quello influenzale, a partire dai 65 anni i calendari vaccinali consigliano di sottoporsi a quello per il contrasto dell’Herpes zoster - responsabile del “Fuoco di Sant’Antonio”- e quello contro lo Pneumococco, causa di polmonite batterica. Eppure, nonostante le indicazioni, l’adesione è molto bassa anche per quanto riguarda il vaccino antinfluenzale.

INFLUENZA - Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno dalle 250 alle 500mila persone muoiono a causa dell’influenza, 40mila in Europa, 8mila nella sola Italia. L’incidenza maggiore (90%) si verifica proprio nella fascia di età superiore ai 65 anni. «Le conseguenze principali che ne possono derivare sono rappresentate dall’aumento del tasso di ospedalizzazione per malattie correlate all’influenza e da un incremento del rischio di mortalità, che, nei soggetti over65 con malattie respiratorie croniche o malattie cardiache, è di 20 volte superiore rispetto a chi non ha comorbidità» - spiega il dottor Graziano Onder, ricercatore del Dipartimento di Geriatria, Neuroscienze e Ortopedia all’Università Cattolica di Roma. Non è un caso che l’influenza aumenti la probabilità di andare incontro, nei soggetti a rischio, a ictus, infarti, polmoniti e broncopneumopatia cronica ostruttiva. Non secondario è anche l’impatto economico di tali patologie: nel 2014-2015 sono stati stimati costi diretti e indiretti dell’influenza per un totale di circa 3,5-4 miliardi di euro. Vite e risorse che potrebbero essere in parte risparmiate se solo aumentasse il numero over65 vaccinati.

POLMONITE - Che dire invece della polmonite pneumococcica, che globalmente si stima possa causare il decesso di oltre 1,6 milioni di persone all’anno, con un tasso di ospedalizzazione in Europa del 2%? «Anche per questa patologia esiste un vaccino valido ma ancora poco pubblicizzato» spiega l’esperto. I dati a supporto del vaccino ci sono eccome: un recente studio realizzato su 85 mila anziani olandesi ha mostrato che la somministrazione del vaccino coniugato Pcv 13 ha un efficacia pari al 45% nella prevenzione delle infezioni da pneumococco.

FUOCO DI SANT’ANTONIO - Ma la vera novità in fatto di vaccinazioni per gli anziani è quella relativa all’infezione da Herpes zoster. Meglio noto con il nome di fuoco di sant’Antonio, la presenza del virus (lo stesso della varicella contratta da bambini) colpisce la cute e le terminazioni nervose. «Le sue complicanze sono a volte considerate come parte del normale processo d’invecchiamento e per tale motivo da sopportare spesso anche in silenzio. La più frequente è rappresentata dalla nevralgia posterpetica, la quale si manifesta prevalentemente con un dolore severo che diventa cronico, in grado di ridurre progressivamente la qualità di vita e la performance delle persone anziane. A oggi fino al 45% delle persone con più di 60 anni presenta un’esperienza di dolore cronico severo per 6-12 mesi legato all’infezione da herpes zoster» conclude Onder. Infezione che potrebbe essere prevenuta attraverso una sola somministrazione, dopo i 65 anni, di un vaccino realizzato appositamente per questo tipo di virus. 

Data ultimo aggiornamento 12 luglio 2016
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Vedi anche: • Vaccini universali anti-tumore


Tags: anziani, fuoco di sant’Antonio, herpes zoster, influenza, polmonite, vaccini



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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