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Un collirio con pilocarpina e diclofenac potrebbe sostituire gli occhiali da presbite

Gli occhiali per la presbiopia, che quasi tutti devono indossare, dopo una certa età, per leggere, potrebbero diventare un arnese da museo, sostituiti da un collirio da somministrare due-tre volte al giorno. Lo suggeriscono i dati di uno studio presentati a un congresso internazionale di oculistica svoltosi nelle scorse settimane a Copenaghen, in Danimarca, dai ricercatori del Center for Advanced Research for Presbyopia di Buenos Aires, in Argentina. Nella sperimentazione sono stati coinvolti oltre 760 sggetti dall’età media di 55 anni; a metà è stato somministrato un collirio composto da pilocarpina, un principio attivo di origine vegetale già usato per il glaucoma, e diclofenac, un antinfiammatorio che attenua la leggera reazione data dalla pilocarpina, in tre possibili concentrazioni: 1, 2 e 3%. La somministrazione è avvenuta al risveglio e dopo sei ore; in caso di necessità, è stata permessa una terza somministrazione.

Per verificare l’effetto, i ricercatori si sono avvalsi di un parametro classico, le righe di Jaeger, che servono per capire quanto una persona riesce a leggere, cioè quanto è presbite. Ebbene, già dopo un’ora le persone leggevano 3,45 righe in più. Ma ciò che è davvero impressionante è il tasso di risposta: il 99% di coloro che avevano assunto il collirio all’1% leggeva almeno due righe in più, e l’83% manteneva una buona risposta per 12 mesi, senza particolari effetti collaterali. Nel gruppo del collirio al 2%, poi, il 69% leggeva almeno tre righe in più e in quello del 3% lo faceva l’84% dei volontari. Inoltre, i miglioramenti sono rimasti misurabili per circa due anni, e senza tossicità serie, al punto che nessuno ha abbandonato la sperimentazione per i fastidi.

Ora occorreranno ulteriori conferme, ma se tutto andrà come si spera, il collirio potrebbe rappresentare una valida alternativa agli occhiali, almeno per coloro che, per motivi vari, non possono o non vogliono indossarli o non possono o vogliono sottoporsi a intervento chirurgico (mai soddisfacente, in questi casi, e non privo di rischi).

Infine, la pilocarpina è già utilizzata e non costa molto; di conseguenza, anche il collirio potrebbe essere alla portata di tutti e arrivare in commercio in tempi molto rapidi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 18 settembre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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