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Lo sport? Ecco perché aiuta a difenderci meglio

Diversi studi confermano che l’attività fisica moderata potenzia l’attività dei linfociti NK, essenziali nella "battaglia" contro i virus e contro le cellule tumorali. Lo sport estremo, invece, indebolisce momentaneamente il sistema immunitario

di Emanuela Di Pasqua

Fare sport aiuta il sistema immunitario a difendere l’organismo dalle infezioni e anche, per certi aspetti, a frenare le cellule tumorali: «Chi pratica una costante attività fisica - spiega l’oncologo Umberto Veronesi - ha sia un aumento delle cellule Natural Killer (NK, molto importanti nella "caccia" ai tumori, ndr), che dei cosiddetti anti-ossidanti endogeni». Le ricerche che, anche recentemente, hanno messo a confronto gruppi di persone sedentarie con gruppi di sportivi, hanno mostrato, in effetti, che questi ultimi mostrano un rischio medio inferiore (sia pure di poco) di incorrere in molti tipi di cancro. Insomma, lo stile di vita (e l’attività fisica ne è un elemento importante) può avere un rapporto diretto con la capacità di difenderci dalle "aggressioni" esterne e interne.

I LINFOCITI NK - Le cellule NK fanno parte dei globuli bianchi e, pur non avendo recettori specifici, sono dotati di "sensori" in grado di segnalare rapidamente se c’è qualcosa che non va (infezioni da batteri, e soprattutto da virus) e di reagire in poche ore. In più, come dicevamo, sono efficaci contro i tumori, perché, a differenza di altri tipi di linfociti, riescono a riconoscere e a uccidere le cellule cancerose.
«Le NK - spiega Lorenzo Moretta, immunologo di fama internazionale (uno degli autori italiani più citati nel campo biomedico) e direttore dell’area immunologia presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma - sono cellule che potremmo definire di "pronto intervento", cioè capaci di individuare quanto non appartiene allo stesso organismo, grazie a un efficace sistema di ricognizione. Si tratta di cellule che tengono così a bada l’aggressore, in attesa che si sviluppi la risposta immunitaria specifica, mediata da altre cellule difensive, i linfociti T e B, che però necessitano di molto più tempo per intervenire. Il fatto che vengano sollecitate dall’esercizio fisico - continua Moretta - è possibile se ci riferiamo alle NK del sangue periferico (cioè non a quelle che sono presenti all’interno degli organi e dei tessuti, ndr). In realtà, il sangue periferico contiene meno del 2% dei linfociti totali, quindi una quota piccola; tuttavia si può ugualmente affermare che, grazie a un esercizio moderato, in varie forme, si possono rafforzare le difese immunitarie (mentre lo sport estremo porta a una lieve immunodeficienza transitoria)».

NON SOLO FITNESS - Ma non solo lo sport può aiutare il sistema immunitario. Una recente ricerca della Loyola University Chicago Stritch School of Medicine, guidata dal professor Aaron Michelfelder, ha dimostrato che anche immergersi nella natura abbassa gli ormoni dello stress e consente, nello stesso tempo, di incrementare i globuli bianchi. Questo avviene, probabilmente, perché - come ha dimostrato uno studio della Nippon Medical School di Tokyo - passeggiare nei boschi permette di respirare sostanze chimiche (i fitoncidi, o "phytoncides" in inglese), che alcuni tipi di piante producono per tutelarsi dagli insetti, e che sono utili anche all’uomo per incrementare le cellule natural killer. 

Dalle passeggiate nei boschi alla meditazione: uno studio sino-americano ha segnalato fin dal 2007 che anche le tecniche meditative e di rilassamento possono avere un effetto tangibile nel rafforzare le difese immunitarie. I ricercatori dell’ateneo cinese di Dalian e dell’università americana dell’Oregon, in particolare, hanno osservato che gli studenti iscritti a un corso di Imbt (Integrated Mind Body Therapeutics, una tecnica che consente di raggiungere alti livelli di rilassamento, pur restando perfettamente coscienti) avevano percentuali di cortisolo (l’ormone dello stress) nel sangue molto più basse rispetto agli altri e una risposta immunitaria maggiore. 

Data ultimo aggiornamento 17 novembre 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: linfociti NK, meditazione



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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