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Le nostre difese? Meno agguerrite in estate

Il sistema immunitario è influenzato non solo dal ritmo veglia-sonno, ma anche dal ciclo delle stagioni. Nei mesi estivi circa 3.000 geni sono espressi meno che in inverno, e questo rallenta la "rapidità" di alcuni processi difensivi

di Giovanni Sabato

Perché certe malattie colpiscono di più in una stagione o in un’altra? In certi casi la risposta è ovvia: germi come il virus dell’influenza, per esempio, si diffondono molto più facilmente da persona a persona quando, nella brutta stagione, ci affolliamo per molto tempo in luoghi chiusi. E altri fattori, come le differenze nella circolazione atmosferica e nelle piogge, o una maggiore virulenza dei patogeni legata al clima, sono stati chiamati in causa per spiegare la stagionalità delle infezioni. Ma ci sono malattie con alti e bassi stagionali, per le quali il nesso è meno ovvio: tra queste, alcune patologie cardiovascolari e autoimmuni. E anche per le malattie infettive, la facilità del contagio non spiega tutto.

Così, non solo per le malattie metaboliche ma anche per quelle infettive, Scott Dowell, dei Centers for Disease Control and Prevention statunitensi, già da anni aveva ipotizzato che non contasse solo la diffusione dei germi ma anche la nostra suscettibilità. Il nostro corpo, secondo Dowell, non risponde solo ai ben noti ritmi circadiani legati all’alternanza giorno/notte, ma anche a ritmi annuali legati alle stagioni, in concomitanza con le quali varie funzioni fisiologiche alternano periodi di alta e bassa attività, e questo ci renderebbe più o meno suscettibili sia ai microrganismi sia a malattie metaboliche. Qualche segno di meccanismi simili c’era: d’estate, per esempio, grazie al sole la pelle produce più vitamina D, che ha ruoli importanti nelle difese immunitarie. Ma erano piccoli indizi, mentre mancava una prova diretta e convincente.

La prova arriva adesso sulla rivista Nature Communications da Xaquin Castro Dopico, dell’Università di Cambridge (Gran Bretagna), nel primo studio che analizza come varia con le stagioni l’espressione complessiva dei geni umani. Castro Dopico ha sfruttato campioni di sangue raccolti per anni a cadenze regolari da una vasta batteria di donatori nel corso di un altro studio, e ha analizzato come variava nel tempo il funzionamento dei geni dei globuli bianchi, responsabili delle difese immunitarie.

Il risultato è eclatante: più di 2.000 geni sono espressi molto più d’estate che d’inverno, e quasi 3.000 viceversa. Lo studio ha permesso di indagare varie regioni geografiche, e le variazioni dell’attività genica sono apparse conformi alle stagioni locali: in Europa seguono le ordinarie stagioni del nostro emisfero, in Australia quelle dell’emisfero sud, mentre nelle aree equatoriali, dove variazioni stagionali di clima e illuminazione sono poco pronunciate, lo stesso accade all’espressione dei geni. Questo dato, unito al fatto che variazioni simili sono state trovate anche in un tessuto del tutto diverso, quello adiposo, fanno pensare che non si tratti solo di una risposta passiva delle cellule immunitarie al maggior carico di patogeni, ma di un vero adattamento dell’organismo alle variazioni ambientali stagionali, inclusa una maggiore prontezza del sistema immunitario nel reagire ai nemici che si trova di fronte.

«Per confermare se questa interpretazione è corretta occorrerà però approfondire gli studi» rimarca Castro Dopico. Ma qualche indicazione c’è già. Fra gli altri, infatti, d’inverno sono più espressi geni che promuovono le reazioni infiammatorie, legate alla difesa dalle infezioni. Così aumentano i livelli di varie proteine proinfiammatorie, mentre calano quelli di proteine antinfiammatorie, e cambia la stessa composizione del sangue, con un aumento del numero complessivo di globuli bianchi e della percentuale di certe loro classi. Alla base di questa maggiore propensione invernale all’infiammazione c’è, almeno in parte, un fattore di trascrizione (una proteina) che coordina l’espressione di vari geni con effetti antinfiammatori, denominato ARNTL. Si sapeva già che questo fattore varia nella giornata seguendo i ritmi circadiani, e ora si è visto che oscilla anche con le stagioni, aumentando d’estate e calando d’inverno, presumibilmente in risposta all’aumentare e calare delle ore diurne. 

La maggiore attività infiammatoria invernale, però, ha il suo rovescio della medaglia: se ci difende meglio dai germi, probabilmente ci rende anche più propensi a malattie come quelle autoimmuni e cardiovascolari in cui i processi infiammatori giocano un ruolo chiave, e che infatti d’inverno colpiscono di più. «Questa, però, resta un’ipotesi da verificare, sebbene i nostri risultati la rendano molto plausibile - avverte Castro Dopico. - Quando avremo capito meglio questi fenomeni, forse si potranno sviluppare terapie basate sulle stagioni, variando i dosaggi dei farmaci fra estate e inverno. Questo - conclude Castro Dopico - è senz’altro un filone da battere per capire meglio le malattie e per migliorare le cure».

Data ultimo aggiornamento 12 luglio 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: infiammazioni, sistema immunitario



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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