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Bosco batte palestra e città, per l’attività fisica. I benefici sono molto più significativi

Non c’è gara: l’attività fisica svolta nella natura stravince su quella fatta in palestra o in un ambiente outdoor, ma urbano. Ed è superiore da diversi punti di vista, fisici e mentali.

Lo ha dimostrato uno studio condotto dai ricercatori delle Università di Copenaghen e Verona, i cui risultati sono appena stati pubblicati su Psychology of Sport and Exercise. In esso 25 giovani dell’età media di 26 anni sono stati a compiere lo stesso tipo di esercizio in tre contesti diversi: un bosco, le strade di una cittadina e una palestra. L’esercizio prevedeva una camminata veloce per sei chilometri con una pausa, per un totale di un’ora. Sia prima che dopo la camminata a tutti sono stati fatti prelievi per misurare indicatori come gli ormoni dello stress quali il cortisolo, e sono stati proposti questionari sul tono dell’umore e sul benessere. Tutti i parametri misurati non hanno lasciato dubbi sul fatto che camminare nella foresta è decisamente meglio. Dopo averlo fatto, infatti, i volontari si sentivano molto più rilassati, ricaricati e gioiosi, e i marcatori fisiologici lo confermavano. Anche il cuore batteva in modo più regolare. Allo stesso modo, in loro diminuivano più che negli altri lo stress, la depressione e la noia (che, invece, aumentava nelle pratiche al chiuso). Infine, chi aveva camminato nel bosco aveva voglia di rifarlo quanto prima, mentre chi lo aveva fatto in paese o in palestra era molto più restìo a ripetere l’esperienza. Forse l’unico aspetto meno positivo, rispetto alle altre due modalità, era la socialità, che nelle palestre è favorita mentre nelle attività all’aperto lo è di meno.

Tra le motivazioni del benessere scaturito dall’immersione nella natura ve ne potrebbero essere alcune legate all’evoluzione, perché homo sapiens viveva all’aperto, e non in un condominio.

Secondo gli autori le autorità pubbliche dovrebbero sostenere le attività all’aperto a tutte le età, motivando anche chi soffre di malattie come quelle cardiovascolari o il diabete, che deve svolgere attività in modo regolare e calibrato, a partecipare a camminate o altro gratuite o comunque realizzate secondo modalità e costi accessibili a tutti.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 19 settembre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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