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Biologia sintetica per creare nuovi batteri "competitivi"

di Silvia Soligon
In uno studio pubblicato sulla rivista Nature Microbiology, un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Cambridge e dello U.S. Army Research Laboratory (ARL) di Adelphi (Stati Uniti) hanno messo a punto una nuova metodica per ingegnerizzare, cioè per modificare tramite l’ingegneria genetica, una vasta gamma di batteri, inclusi microbi in grado di sopravvivere in ambienti duri e competitivi, che non erano ancora stati utilizzati nel campo della biologia sintetica. Queste ricerche abbattono un muro che fino a oggi aveva rallentato, o impedito l’uso di prodotti biosintetici in ambito militare, aprendo scenari che, per certi aspetti, possono apparire inquietanti, ma che potranno offrire nuove opportunità anche nel settore della salute umana e dell’agronomia (se verranno superati i problemi etici collegati).
UNA TECNICA INNOVATIVA. La biologia sintetica è una disciplina che - fondendo biotecnologie, nanotecnologie e tecnologie dell’informazione - permette di progettare e costruire molecole, apparati o sistemi non esistenti in natura, o di riprogettare sistemi biologici per far loro svolgere compiti specifici. Ovviamente tutto questo pone, come dicevamo, problemi etici e tecnici molto ampi, che vanno affrontati nel modo più serio e arogmentato possibile.
Fino a oggi i ricercatori che si occupano di biologia sintetica avevano utilizzato un numero ristretto di microrganismi ormai considerati "addomesticati", come l’Escherichia coli e diversi tipi di lieviti. Per superare questo limite e riuscire a trasferire materiale genetico (Dna) all’interno di altri batteri potenzialmente interessanti (perché in grado di sopravvivere, ad esempio, in condizioni sfavorevoli), i ricercatori del MIT e dell’ARL hanno sfruttato un elemento particolare del genoma del batterio Bacillus subtilis: un frammento in grado di separarsi dal Dna, per formare un elemento genetico circolare che può essere trasferito ad altri microbi. L’elemento in questione (chiamato ICEBs1, in termine tecnico) è stato miniaturizzato in una variante (definita mini-ICEBs1) per trasferire Dna a un’ampia varietà di batteri, in modo controllato ed estremamente preciso. Per la precisione, il ceppo di Bacillus subtilis ingegnerizzato di cui si sono serviti i ricercatori (XPORT) ha permesso di trasferire il Dna in modo efficiente a 35 diversi ceppi batterici isolati dalla pelle e dall’intestino umani e dal terreno agricolo.
RICERCA DA COPERTINA. I risultati ottenuti sono valsi allo studio la copertina del numero di settembre 2018 della rivista Nature Microbiology. I ricercatori sottolineano le potenzialità dell’applicazione del nuovo metodo per il Dipartimento della Difesa statunitense, che nelle prossime settimane dovrebbe lanciare il suo primo servizio di biologia sintetica, battezzato “Living Materials”. Trattandosi di ricerche militari, non è possibile conoscere in anticipo i dettagli delle loro possibili applicazioni. Ma questi studi, come dicevamo, troveranno un impiego anche in altri settori. «Per la nostra ricerca abbiamo utilizzato batteri isolati dalla pelle umana, dalle feci umane e dal terreno agricolo – ha ribadito Jennifer Brophy, autrice principale dello studio. – I microbi provenienti da questi ambienti sono buoni candidati per la produzione di probiotici ingegnerizzati per migliorare la salute umana o l’agricoltura».
Data ultimo aggiornamento 4 ottobre 2018
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