ARIA MALATA
L’inquinamento colpisce il cuore. Eppure l’uso dei jet privati continua a crescere
L’inquinamento atmosferico danneggia tutti, ma chi soffre di uno scompenso cardiaco è più a rischio di chi è sano di avere complicazioni. E nonostante questo sia solo uno dei più recenti tra gli studi che associano la cattiva qualità dell’aria a danni sulla salute, un’altra ricerca, anch’essa uscita negli ultimi giorni, mostra che si continuano a utilizzare gli aerei privati e anzi, lo si fa sempre più spesso, anche se probabilmente non ve ne sarebbe quasi mai una reale necessità.
Lo studio che ha mostrato gli effetti dell’inquinamento su chi ha uno scompenso è stato presentato nei giorni scorsi al meeting dell’American Heart Association’s 2024 dai cardiologi dell’Intermountain Health di Salt Lake City (Utah, USA), che hanno lavorato con i ricercatori di Harvard, ed è basato sulla quantificazione di 115 proteine i cui livelli variano, nel sangue, quando è presente un’infiammazione. Gli autori hanno unito questi dati con quelli della funzionalità cardiaca di 44 malati di scompenso e 35 persone sane, e poi hanno combinato le informazioni cliniche con quelle sulla qualità dell’aria della zona di residenza, in giornate che andavano da quelle con i livelli più bassi di polveri sottili PM2,5 (attorno ai 7 microgrammi per metro cubo) a quelle in cui l’inquinamento era più grave (con le PM2,5 a circa 20 microgrammi/metro cubo). Hanno così visto che diversi marcatori, e soprattutto l’interleuchina 18 (IL18) e un altro chiamato CCL27 (da C-C motif chemokine ligand 27) aumentavano in misura significativa, ma soltanto in chi già aveva uno scompenso. Evidentemente, queste persone non riescono a controbilanciare efficacemente il deficit di ossigeno e la presenza di contaminanti, andando così incontro a ulteriori affaticamenti del cuore.
Negli stessi giorni, però, è uscito anche un altro studio, su Communications Earth & Environment, che ha mostrato come le persone più facoltose del mondo siano in gran parte indifferenti ai danni dell’inquinamento, e continuino ad aumentare i viaggi sui jet privati che, in proporzione, emettono quantità enormi di CO2. Tra il 2019 e il 2023, infatti, il numero di voli privati è aumentato e ciò ha fatto crescere la CO2 emessa da questi apparecchi del 46%. In base ai calcoli è stata emessa una quantità assoluta pari, per il solo 2023, a 15,6 milioni di tonnellate totali di CO2, o 3,6 tonnellate per singolo volo, pari, da sola, all’1,8% della CO2 emessa da tutta l’aviazione civile. Circa un volo su due, poi, è per tratte che non superano i 500 km, e che si potrebbero dunque coprire senza difficoltà in treno, o su voli di linea.
Inoltre, quasi il 70% dei voli privati avviene negli Stati Uniti, dove però l’esito delle recenti elezioni fa dubitare del fatto che, nei prossimi quattro anni, si adottino misure concrete, visto il negazionismo climatico degli esponenti del governo appena eletto.
I valori sono stati calcolati analizzando oltre 18,6 milioni di piani di volo registrati da poco meno di 26.000 velivoli immatricolati come aerei per business, la classe cui appartiene la stragrande maggioranza dei jet privati. Combinando le emissioni dei vari modelli di aereo con il consumo di carburante, la traiettoria e la durata del volo si ottengono le emissioni associate a ciascun viaggio, e a tutti nel loro insieme: un quadro inquietante. Anche perché i picchi si vedono per grandi eventi internazionali come le conferenze sul clima (!) come la COP 28, o le finali dei mondiali di calcio. I proprietari, che rappresentano lo 0,003% della popolazione mondiale, inquinano ciascuno 500 volte di più di quanto non faccia il resto dell’umanità. Ognuno di loro si porta dietro, per il solo 2023, 2.400 tonnellate di CO2, contro le 4,5 delle persone che utilizzano i voli di linea (dati del 2020). Secondo gli autori, è arrivato il momento di porre dei limiti a questa follia.
A.B.
Data ultimo aggiornamento 26 novembre 2024
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