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L’arma letale contro il fungo Candida auris potrebbe essere celata nell’albero del pepe

La Candida auris, il temibile micete identificato per la prima volta in Giappone nel 2007, e da allora diffusosi in dozzine di paesi, con migliaia di casi e decine di decessi (la mortalità va dal 30 al 60%), a causa della grande facilità con cui sviluppa resistenza ai farmaci oggi disponibili, potrebbe essere contrastato efficacemente con un principio attivo estratto dall’albero del pepe e da altre piante. I ricercatori della Emory University di Atlanta, che da anni hanno messo in piedi un archivio chiamato Quave Natural Product Library, con oltre 2.500 prodotti estratti da piante e funghi di 750 specie di tutto il mondo, e che da tempo studiano i principi attivi estratti dalle foglie e dai grani di questo albero (a sua volta utilizzato da millenni nella medicina tradizionale dell’Amazzonia), hanno infatti dimostrato che, in vitro, un composto chiamato PGG uccide il 90% dei miceti appunto di C auris e di altri ceppi

Il PGG, o penta-O-galloil-β-d-glucosio, è un tannino che ha una caratteristica molto particolare: ogni sua molecola ne lega 5 di ferro. E poiché il ferro è indispensabile alla Candida auris per vivere, il PGG uccide i miceti per fame, sottraendo loro questo elemento vitale. E lo fa in modo specifico e innocuo (nei test effettuati lo è stato sia per il fegato e i reni che per la cute), perché il ferro presente nel corpo non è libero, se non in minima parte e non risente di questa azione per quanto riguarda i suoi compiti essenziali per l’organismo. Inoltre, il PGG, solubile in acqua, è rapidamente escreto.

Nello specifico, come riferito su ACS Infectious Diseases, in questo caso si è dimostrato capace di eliminare il 90% di 12 ceppi di quattro tipi di Candida: la Albicans, la Auris resistente agli antibiotici, e altre due specie non Albicans. Se ulteriori test confermassero questa potenza di fuoco, si potrebbe pensare a farmaci per uso locale, da utilizzare per esempio negli ospedali, a scopo preventivo, prima di tutte quelle procedure invasive che, di solito, permettono l’ingresso della C. auris nell’organismo, così come a prodotti sistemici per i casi più gravi.

Lo stesso gruppo ha già dimostrato che le foglie dell’albero del pepe contengono composti dotati di caratteristiche antibatteriche, antitumorali e antivirali, e che le bacche, invece, sono efficaci per le malattie della pelle, e in grado di sconfiggere gli stafilococchi aurei resistenti agli antibiotici. Inoltre, nel 2020 ha mostrato che il PGG sconfigge un altro batterio molto pericoloso, l’Acinetobacter Baumanii resistente al carbepenem, cioè agli antibiotici di ultima generazione, considerato uno dei cinque microrganismi più temibili dagli stessi Centers for Diseases Control di Atlanta.

L’etnobotanica sta permettendo di scoprire molte molecole efficaci laddove i farmaci classici non lo sono più, per malattie in rapida diffusione in tutto il mondo: in caso ce ne fosse bisogno, questo è un validissimo motivo per proteggere la biodiversità di aree sempre più minacciate dalla scellerata azione dell’uomo.

 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 10 ottobre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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