Questo sito utilizza cookies tecnici per l'analisi del traffico, in forma anonima e senza finalità commerciali di alcun tipo; proseguendo la navigazione si acconsente all'uso dei medesimi Ok, accetto

Il rischio cardiovascolare è determinato, anche, dal grasso che si infiltra nel cuore

Per capire se una persona è a rischio di andare incontro a una grave malattia cardiovascolare e perfino di morirne, il peso potrebbe avere meno significato rispetto a quanto si è ritenuto finora. Uno dei parametri che potrebbe invece diventare cruciale, perché sembra molto indicativo, è il grasso che si accumula sul muscolo cardiaco, finora poco studiato. La sua importanza è emersa da uno studio pubblicato sullo European Heart Journal, nel quale i cardiologi del Cardiac Stress Laboratory del Brigham and Women’s Hospital e della Faculty della Harvard Medical School di Boston hanno sottoposto a una TAC/PET oltre 660 persone che si erano rivolte all’ospedale per dolori al petto, senza però avere difficoltà respiratorie o gravi malattie cardiovascolari evidenti. Il 70% di loro erano donne, e l’età media era di 63 anni. Tutti sono stati seguiti per i successivi sei anni, e l’analisi del rapporto tra tessuto muscolare cardiaco e tessuto adiposo annidato nello stesso tessuto cardiaco ha fatto emergere una relazione che prescinde dall’indice di massa corporeo, e quindi dal peso e da altri fattori di rischio classici. Le persone che all’inizio avevano più grasso nel cuore, anche se non erano in dsovrappeso o obese, oltre a mostrare fino da subito danni più visibili ai piccoli vasi dell’organo, negli anni successivi hanno avuto un tasso decisamente più alto di infarti e altre patologie cardiache gravi, e anche un aumento del tasso di morte. Per ogni 1% di grasso in più, si è visto un 2% in più di rischio cardiovascolare. I motivi non sono chiari: probabilmente, il grasso infiltrato, a stretto contatto con il muscolo, induce uno stato di infiammazione permanente che provoca diverse malattie cardiache, ma molto resta da capire. Allo stesso modo, non si sa quasi nulla sulle strategie consigliate per perdere peso, dalla chirurgia fino agli antidiabetici agonisti di GLP-1 come l’ozempic, dalla dieta agli altri farmaci. Agiscono anche sulla quantità di grasso nel cuore? Se sì, in che modo? E questo si ripercuote sul rischio? C’è ancora molto da approfondire, ma il grasso cardiaco potrebbe diventare un protagonista assoluto della prevenzione cardiovascolare, a cominciare dalla quantitficazione della sua presenza attorno al cuore fino all’effetto delle terapie farmacologiche e non su di esso.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 27 gennaio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



Warning: Use of undefined constant lang - assumed 'lang' (this will throw an Error in a future version of PHP) in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Notice: Undefined index: lang in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

Chiudi

Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

VAI ALLA VERSIONE COMPLETA