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Diabete 1, rivoluzione in arrivo
Funziona nuovo pancreas bionico

di Agnese Codignola

Il pancreas artificiale, nella sua versione bionica (progettata, cioè, per simulare il più possibile il funzionamento di quello naturale), è stato sperimentato con successo negli Stati Uniti, con risultati superiori a quelli offerti dalle semplici pompe per insulina e dagli altri dispositivi semiautomatici già in uso (e dalle cure tradizionali con iniezione di insulina), che i pazienti con il diabete di tipo 1 devono utilizzare per tenere sotto controllo la concentrazione di glucosio (zucchero) nel sangue. Se nuove sperimentazioni confermeranno questi risultati, e se arriverà il via libera definitivo dalla Food and Drug Administration (FDA, l’ente che negli USA controlla i farmaci e gli altri tipi di terapia), per i diabetici la qualità della vita potrebbe migliorare sensibilmente, e si ridurrebbero nel contempo i danni collaterale che la malattia tende a portare con sé. Il diabete di tipo 1, lo ricordiamo, ha un’origine autoimmune: il sistema difensivo dell’organismo, cioè, aggredisce per errore le cellule beta del pancreas (quelle che producono, appunto, l’insulina) e le distruggono.

La nuova tecnologia è illustrata in uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, una delle riviste mediche più autorevoli del mondo. Lo studio è finanziato dal National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases (NIDDK), che fa parte dei National Institutes of Health statunitensi e ha coinvolto alcuni dei più importanti centri di diabetologia statunitensi. Questa ricerca è accompagnata da quattro studi di supporto. Come dicevamo, i risultati ottenuti con il pancreas bionico sembrano decretarne il vantaggio, rispetto agli altri sistemi, anche nei pazienti pediatrici.

In verità da diversi anni sono entrati in uso vari tipi di pompe di insulina, sistemi inseriti sottocute che rilasciano una certa quantità di questo ormone a seconda dei valori di glicemia rilevati dal paziente. Nelle versioni più moderne, le pompe sono già interfacciate con misuratori automatici, ma i due tipi di dispositivo, finora, erano separati, soggetti a malfunzionamenti (soprattutto a causa della batteria) e dipendenti da comandi manuali e da rilevazioni e tarature frequenti. Ora tutto questo è stato riunito in una sola pompa bionica che ospita anche un rilevatore di glicemia e un algoritmo che traduce tale valore, rilevato costantemente giorno e notte, nella quantità di insulina che la pompa stessa deve rilasciare (per mantenere la concentrazione di glucosio nel sangue entro i valori giusti). Il sistema, perfettamente chiuso e autosufficiente, deve essere solo tarato sulla base del peso del paziente nel momento dell’inserimento. Non è quindi più necessario, per il diabetico, controllare in modo costante la glicemia né (almeno teoricamente) prestare sempre attenzione a ciò che mangia (anche se è assolutamente consigliato continuare con una dieta accurata). Per quanto riguarda i medici, non devono calibrare spesso la pompa e la quantità di insulina, come invece è quasi sempre indispensabile con i dispositivi attuali.

Nell’ambito dello studio, i diabetologi hanno reclutato, in 16 centri, 326 diabetici di età compresa tra i 6 e i 79 anni, tutti in terapia insulinica da almeno un anno, e li hanno suddivisi in due gruppi: uno destinato a ricevere il pancreas bionico (219 pazienti), mentre il secondo gruppo ha continuato con le cure abituali (107 pazienti, un terzo dei quali aveva già una pompa semiautomatica) per 13 settimane. Alla fine, i ricercatori hanno confrontato i parametri del sangue dei due gruppi, e hanno così visto che il marcatore principale, e cioè l’emoglobina glicata, era migliorato nei diabetici con il pancreas bionico. Inoltre, nelle persone con il pancreas bionico era aumentato il tempo in cui le persone stesse erano rimaste nell’intervallo (range) giusto di glicemia: un progresso fondamentale per prevenire le crisi di iper e ipoglicemia e i danni a lungo termine, mentre i pazienti che avevano utilizzato i sistemi tradizionali avevano avuto le oscillazioni di sempre. Inoltre, l’efficacia del pancreas bionico è stata uguale in tutte le fasce di età, a conferma dei possibili benefici anche per i bambini, pazienti particolarmente delicati, per i quali è più difficile rispettare le limitazioni che la malattia impone.
Nessuno degli utilizzatori del pancreas bionico ha avuto crisi di chetoacidosi, l’evento più grave associato al diabete. Per quanto riguarda le controindicazioni del nuovo dispositivo, vanno segnalati alcuni casi di crisi iperglicemiche dovute a un malfunzionamento delle pompe (evidentemente da ottimizzare), mentre le crisi ipoglicemiche lievi sono rimaste invariate, rispetto alla media, e molto basse in entrambi i gruppi. Più frequenti invece, con il pancreas bionico, le crisi di ipoglicemia grave: in media, ogni anno, 17,7 ogni cento pazienti, contro le 10,7 delle persone che usavano i sistemi tradizionali.

Gli altri quattro studi, pubblicati tutti sulla rivista scientifica Diabetes Technology and Therapeutics, affrontano diversi aspetti più specifici della sperimentazione. Il primo e il secondo sono infatti dedicati a un’analisi più dettagliata in base all’età dei pazienti, il terzo a ciò che è accaduto a quel terzo dei pazienti di controllo passati al pancreas bionico dopo la fine della prima fase (ne hanno avuto anch’essi i medesimi benefici) e il quarto alla resa di diversi tipi di insulina.

I toni dei diabetologi e delle aziende coinvolte (il pancreas è stato messo a punto dalla Beta Bionics Inc, e altre hanno collaborato in vario modo) sono pieni di entusiasmo e parlano di cambiamento epocale. In realtà, i dati dicono che c’è ancora spazio per migliorare, ad esempio per quanto riguarda il funzionamento delle pompe, anche se è indubbio che un sistema del genere, una volta ottimizzato, potrebbe davvero fare la differenza, anche sulla qualità di vita, oltre che sul controllo della malattia e, come dicevamo, sulle conseguenze a lungo termine.

Il dispositivo, dicevamo, per ora è sperimentale, e solo dopo che saranno superati tutti i test previsti potrà ricevere l’autorizzazione all’entrata in commercio.

Data ultimo aggiornamento 17 ottobre 2022
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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