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Più depressi se c’è infiammazione
Nuovi studi rivelano il legame "pericoloso"

Da tempo si ipotizza che il sistema immunitario giochi un ruolo importante nell’insorgenza delle depressioni: ricercatori Usa hanno dimostrato che gli animali con alti livelli di interleuchine 6 (le molecole tipiche dei processi infiammatori) hanno maggiori sintomi depressivi

di Agnese Codignola

Che responsabilità ha il sistema immunitario nell’insorgenza e nell’aggravamento della depressione? Forse un ruolo più importante di quanto ritenuto finora. A suggerirlo è uno studio pubblicato su PNAS dai ricercatori della Icahn School of Medicine della Mount Sinai University di New York.

Gli studiosi hanno infatti misurato gli effetti di una citochina circolante, l’interleuchina 6 (o IL6, una molecola prodotta dal sistema immunitario, fondamentale per la regolazione delle infiammazioni), sui comportamenti tipici della depressione negli animali, e hanno notato che i topi che presentano i livelli più elevati di IL6 sono anche quelli più propensi a manifestare sintomi depressivi. Per confermare questa prima osservazione, i ricercatori hanno poi sottoposto un gruppo di animali a un irraggiamento che ha annientato le cellule del midollo osseo e hanno eseguito un trapianto con il midollo proveniente da topi che avevano concentrazioni di IL6 alte o basse, osservandone poi il comportamento. Il legame è stato confermato: gli animali che avevano ricevuto più IL6 erano anche quelli che mostravano in modo più spiccato comportamenti e sintomi tipici della depressione.

Questi dati andranno ovviamente approfonditi e confermati negli uomini, ma rafforzano osservazioni già emerse negli ultimi anni, che vanno tutte nella direzione di un rapporto piuttosto stretto tra citochine circolanti e depressione.

Data ultimo aggiornamento 15 novembre 2014
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: citochine, depressione, IL6



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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