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Avere un figlio, nonostante la sclerosi multipla

Progetto della Seconda Università di Napoli per aiutare le coppie che desiderano affrontare la gravidanza. Testimonianze fotografiche, videointerviste e una serie di informazioni medico-pratiche raccolte in un volumetto (scaricabile gratis)

di Costanza Naguib

Avere un figlio si può, anche se uno dei genitori è malato di sclerosi multipla. A molte persone sembra difficile, se non impossibile, e invece le storie di cinque coppie - fotografate da Isabella De Maddalena per conto del Centro per la Sclerosi Multipla della Seconda Università di Napoli, con il supporto di Merck - dimostrano che questa patologia non impedisce di portare a termine una gravidanza, se si valuta con attenzione il percorso, e se un medico esperto assiste gli aspiranti genitori momento per momento. Queste testimonianze (foto, ma anche videointerviste e altre informazioni utili) fanno parte del progetto che si intitola, appunto, "Genitori si può anche con la sclerosi multipla" e sono disponibili all’indirizzo www.genitoriconsclerosimultipla.it. Dal sito è possibile scaricare anche un libretto informativo che, partendo dalle storie delle cinque coppie, risponde ai dubbi più frequenti di chi vuole diventare genitore. Le immagini scattate da Isabella De Maddalena, insieme ad altro materiale informativo, sono state inserite in una mostra itinerante, che è partita da Napoli il 23 giugno e proseguirà a Cagliari in settembre, e poi a Milano e Monza in ottobre (le date precise sul sito www.genitoriconsclerosimultipla.it). 

LA FERTILITA’ NON VIENE COMPROMESSA - La sclerosi multipla è una malattia autoimmune, che insorge di solito poco dopo i trent’anni, oppure tra i venti e i trenta. È importante sapere che questa patologia non intacca in alcun modo la fertilità, né maschile né femminile. La capacità di sintesi degli spermatozoi nell’uomo e degli ovociti nella donna rimane inalterata. La ricerca medica ha inoltre dimostrato che i timori della trasmissione della malattia ai figli non hanno ragione di esistere. Infatti, si ha un aumento del rischio di contrarre la malattia solo nel caso in cui entrambi i genitori siano malati (in quest’ultimo caso il rischio risulta del 20-30% maggiore rispetto a quello registrato nel resto della popolazione). 

Ne abbiamo parlato con il neurologo Luigi Lavorgna, dirigente medico presso la Clinica neurologica della Seconda Università di Napoli, uno degli ideatori del progetto “Genitori si può anche con la sclerosi multipla”. «Quello che non tutti sanno - dice Lavorgna - è che la sclerosi multipla è una malattia che non incide sulla possibilità di avere dei figli; le difficoltà di una gravidanza per chi è affetto da sclerosi nascono soprattutto dallo stigma sociale associato alla malattia, che non trova un riscontro effettivo nella realtà scientifica. Diversi studi hanno infatti provato che non esiste relazione di causalità in nessuna delle due direzioni: né la sclerosi costituisce un impedimento o un pericolo per la gravidanza, né quest’ultima fa peggiorare in alcun modo la malattia». La sclerosi multipla, inoltre, non viene trasmessa ai figli. «Tuttavia, ancora oggi - continua Lavorgna - la prima domanda che il medico si sente rivolgere dopo aver diagnosticato la sclerosi multipla a una donna è se sarà ancora in grado di avere dei bambini». Al contrario, se c’è qualche effetto della gravidanza sulla SM, è di tipo benefico. Nell’organismo della donna, infatti, l’attività del sistema immunitario viene per certi aspetti moderata, in modo che il feto non sia rigettato; di conseguenza, anche le disfunzioni legate al sistema immunitario vengono moderate. 

In particolare, ribadisce Lavorgna, «sappiamo che nella patogenesi e nell’evoluzione della SM rivestono grande importanza le alterazioni e le reazioni anomale del sistema immunitario, modulate, a loro volta, da vari fattori, fra i quali anche le variazioni ormonali, una condizione che avviene fisiologicamente nel corso della gravidanza».  In sintesi, sembra che i cambiamenti nella secrezione degli ormoni che si verificano durante la gravidanza migliorino il decorso della malattia. 

Proprio per diffondere la conoscenza su questo delicato tema è stata lanciata la campagna“Genitori si può, anche con la sclerosi multipla”, a beneficio sia dei pazienti sia dei loro partner (è importante, infatti, che anche la persona della coppia senza sclerosi multipla capisca che non sussistono ostacoli insormontabili al desiderio di avere dei figli, nonostante la patologia). 

UN SOCIAL NETWORK PER I PAZIENTI - Al fine di combattere lo stigma sociale, nonché per diffondere l’informazione su questa patologia, è nato www.smsocialnetwork.com, un social network, il primo del suo genere, interamente dedicato alla sclerosi multipla. Si tratta di uno spazio nel quale pazienti, familiari e amici dei familiari, neurologi e medici in generale possono scambiarsi opinioni e informazioni sulle novità della ricerca scientifica sul tema. 

Tramite questo network sono state selezionate sei coppie, nelle quali uno dei due fosse affetto da sclerosi multipla; queste coppie sono state seguite fino al momento del parto. Lo scopo era quello di ottenere informazioni sulle loro esperienze, non di renderle direttamente oggetto di uno studio medico; infatti queste coppie, distribuite sul territorio italiano e una di esse residente in Svizzera, sono state anche seguite dal punto di vista strettamente clinico da quei centri specializzati dedicati alla sclerosi multipla che si trovavano geograficamente più vicini a loro. 

Spiega Lavorgna: «Il rendiconto delle esperienze di queste coppie è stato fondamentale per capire come il senso della genitorialità si sia evoluto negli anni; infatti, mentre solo trent’anni fa ai pazienti veniva addirittura sconsigliato di concepire un figlio, oggi è invece opinione dei medici che sia assolutamente possibile avere bambini anche per chi è in cura per la sclerosi multipla. Solo, si tratta di qualcosa che deve essere programmato assieme al medico, ad esempio per evitare che i farmaci assunti dal paziente per la sua patologia possano danneggiare il feto». Farmaci cosiddetti tradizionali come l’interferone sono compatibili con la gravidanza; farmaci più moderni devono invece essere accuratamente programmati». 

Anche per quanto riguarda l’allattamento, in generale, non ci sono controindicazioni. Tuttavia, se la donna presenta una malattia con alta attività, è preferibile che subito dopo il parto riprenda la terapia e dunque si sceglie di non farla allattare, per questo motivo. Negli altri casi è invece possibile che la madre allatti il bambino e riprenda solo in seguito l’assunzione dei farmaci. 

MAGGIORE STANCHEZZA - «Le donne affette da sclerosi multipla che vogliono avere un figlio – prosegue Lavorgna - devono essere inoltre informate su alcuni aspetti riguardanti la loro qualità della vita, primo tra tutti il fatto che molto probabilmente avvertiranno una maggiore stanchezza e  affaticamento nelle loro attività quotidiane». Questi sintomi, che quasi sempre si presentano durante la gravidanza anche nelle donne sane, in particolare nel primo e nel terzo trimestre, tendono ad essere più accentuati in persone con patologie croniche come la sclerosi multipla, soprattutto nei casi in cui è colpito il midollo. 

In conclusione, se pianificato adeguatamente con l’aiuto dei medici, il desiderio di genitorialità non è incompatibile con la SM; la gravidanza non influenzerà il decorso futuro della malattia, né la malattia pregiudicherà la salute del nascituro. 

Data ultimo aggiornamento 18 luglio 2016
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Vedi anche: • L’allattamento al seno rallenta l’arrivo delle ricadute


Tags: allattamento, gravidanza, sclerosi multipla



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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