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Ascoltare musica o suonare uno strumento
regolarmente abbassa il rischio di demenza

Ascoltare regolarmente musica, così come suonare uno strumento per diversi anni sono attività che aiutano a tenere lontana la demenza, e andrebbero probabilmente consigliate a tutti gli anziani.

E’ netto il giudizio sui risultati di uno studio appena pubblicato sull’International Journal of Geriatric Psychiatry dai ricercatori della Monash University di Adelaide, in Australia. E il motivo è chiaro: sono stati ottenuti analizzando le abitudini e lo stato cognitivo di oltre 10.800 persone con più di settant’anni, e ciò che è emerso ha dimensioni tali da lasciare pochi dubbi. Infatti, chi ascolta regolarmente musica ha una diminuzione del rischio di avere una demenza del 39%, e di quello di avere un declino cognitivo del 17% rispetto a chi non ascolta mai musica, o lo fa solo saltuariamente. Analogamente, chi suona uno strumento ha un rischio di demenza inferiore del 33% rispetto a chi non lo fa, mentre per chi suona e ascolta la diminuzione è rispettivamente del 33 e del 22%, sempre rispetto a chi non è abituato a farlo. In generale, poi, chi “frequenta” la musica ottiene punteggi più alti nelle valutazioni sulle performance cognitive e sulla memoria, ma non necessariamente su quelle che delineano il livello di benessere psicofisico. Infine, gli effetti iniziano a essere evidenti quanto la familiarità con la musica dura da almeno 16 anni; se è più recente tutto diventa più sfumato.

Sulle modalità attraverso le quali la musica, anno dopo anno, protegge il cervello non ci sono informazioni, in questo studio, ma il consiglio resta valido: per prevenire le malattie neurodegenerative la musica è un ottimo strumento, se ascoltata e suonata con regolarità.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 26 dicembre 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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