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La guerra sul farmaco che previene l’Aids

Le autorità sanitarie degli Stati Uniti hanno autorizzato nel 2012 l’uso del Truvada, che riduce dell’86% la probabilità di contagio nel caso di rapporti a rischio con partner sieropositivi. In Europa, invece, l’ok non è ancora arrivato

di Paolo Rossi Castelli

C’è una pillola, il Truvada, che riduce fortemente il rischio di infettarsi di Aids, anche se non si usa il preservativo durante un rapporto a rischio. Negli Stati Uniti ha ottenuto il via libera dalla Food and Drug Administration (FDA, l’ente che controlla i farmaci) quasi tre anni fa, e viene utilizzata, fra molte polemiche, da un numero crescente di persone. In Europa, invece, questo uso “preventivo” del Truvada non ha ancora ricevuto l’ok, e il farmaco può essere prescritto dai medici solo per curare le persone già malate di Aids. 

UNA RIVOLUZIONE - «Studi recenti hanno confermato che il Truvada è in grado di ridurre dell’86% il rischio di contrarre il virus Hiv, nel caso di rapporti sessuali con partner sieropositivi, se viene preso (da persone sane) secondo gli schemi consigliati, e con l’anticipo di alcune ore - conferma Massimo Andreoni, docente di malattie infettive all’Università di Roma Tor Vergata. - Per questo, con un atto di forte concretezza e di realismo, le autorità americane hanno dato il via libera all’uso preventivo. E’ una rivoluzione, che naturalmente non è esente da ombre».

PROBLEMI ETICI - Sono state soprattutto le comunità gay statunitensi a insistere con l’FDA perché autorizzasse la profilassi preventiva (in sigla, PrEP, cioè pre-esposizione), forzando un po’ la prassi abituale e ponendo non pochi problemi etici, perché - di norma - un medicinale viene autorizzato per curare una malattia, non per consentire a una persona di provare più piacere, o di vivere più spericolatamente. «Ma chi usa il Truvada prima di un rapporto potenzialmente pericoloso non utilizzerebbe, comunque, il preservativo - continua Andreoni -. Rischierebbe, e basta. Dunque, hanno pensato molto pragmaticamente i tecnici della FDA, meglio autorizzare almeno una protezione farmacologica. In fondo, il fine ultimo delle autorità sanitarie, e dei medici, è quello di proteggere il più possibile i propri assistiti».

COME IL VIAGRA - Molti americani usano il Truvada, che viene rimborsato dalle assicurazioni statunitensi, esattamente come farebbero con il Viagra, prendendolo qualche ora prima del rapporto sessuale (ma alcuni schemi terapeutici prevedono altre somministrazioni anche nei giorni successivi). E spesso lo abbinano proprio al Viagra, o ad altri farmaci simili... «L’Europa non ha scelto questa strada - spiega Cristina Mussini, docente di malattie infettive all’Università di Modena - anche perché, a dire il vero, l’azienda farmaceutica che produce il Truvada, la Gilead, non ha ancora chiesto l’autorizzazione per l’uso preventivo all’EMA (l’Agenzia europea del farmaco). Certo, le resistenze di ordine etico, nel Vecchio Continente, sono molto forti. Ma bisognerebbe essere realisti, e agire in ogni modo per salvare la vita a quante più persone è possibile, come ha fatto l’FDA, pur senza voler incentivare, è ovvio, i comportamenti a rischio».

ESPERTI A CONFRONTO - Di questo tema spinosissimo hanno discusso anche gli esperti riuniti al congresso nazionale Icar sull’Aids di Riccione; e Sabrina Spinosa Guzman, rappresentanti dell’EMA, ha mostrato una cauta apertura. In ogni caso, una soluzione va trovata, anche perché nei diversi Paesi europei, come l’Italia, dove il medicinale non è autorizzato per l’uso preventivo (e non  è nemmeno presente nelle farmacie, perché viene distribuito direttamente dagli ospedali), si sta creando una sorta di mercato nero: alcuni malati di Aids, cioè, lo ricevono gratuitamente dal servizio sanitario nazionale, ma non lo usano e lo rivendono a chi vuole vivere il sesso in modo “rischioso”. In altri Paesi, come la Svizzera, il Truvada è acquistabile in farmacia, ma solo con la ricetta medica e non per l’uso preventivo. Così, molte persone ricorrono a Internet e comprano confezioni “pirata”, di cui non è sicuro il contenuto, con rischi anche molto pesanti per la salute.

GLI EFFETTI TOSSICI - Certo, anche il Truvada, quello originale, che contiene due principi attivi (tenofovir e emtricitabina), ha una serie di effetti potenzialmente tossici, come tutti i farmaci, ai danni soprattutto del fegato, dei reni e delle ossa. «Ma gli studi sui malati di Aids che devono usarlo tutti i giorni, per anni, hanno mostrato che sono gestibili - dice Adriano Lazzarin, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’ ospedale San Raffaele di Milano. - Dunque, a maggior ragione, chi usa il farmaco solo per periodi limitati non si preoccupa più di tanto...».

USI DIVERSI - Lo scopo per cui si era pensato, in un primo tempo, di ricorrere in via preventiva a questo medicinale era molto lontano, in verità, da quello di dare una sorta di scudo ai fautori dei rapporti ad alto rischio. La PrEP veniva (e viene) proposta, in particolare, alle coppie eterosessuali, che vogliono avere un figlio in modo naturale, se il padre è sieropositivo e la madre no (applicando una serie di precauzioni, è possibile "cercare" la gravidanza). «È chiaro che è molto più bello, per una coppia, concepire un figlio senza ricorrere alla fecondazione assistita - continua Lazzarin. - E così tuttora avviene, in molti casi».
Poi, però, l’uso della PrEP si è esteso in modi imprevisti e, a volte, incontrollabili. Sembra che questo farmaco, per esempio, venga usato in abbondanza nel mondo della prostituzione, soprattutto in certi Paesi, come la Tailandia. «Bisogna stare attentissimi, però - ricorda Lazzarin. - Il Truvada può ridurre, effettivamente, il contagio del virus Hiv, ma non protegge in nessun modo dalle altre, numerose, malattie a trasmissione sessuale. La vera prevenzione, vale la pena di ricordarlo, arriva solo dalla barriera “fisica” del preservativo. Nessun’alternativa può essere considerata alla pari».

Data ultimo aggiornamento 17 maggio 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: hiv



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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