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A innescare il morbo di Chron potrebbe essere il virus che provoca la mononucleosi

La malattia di Chron, sindrome autoimmune che colpisce l’intestino provocando un’infiammazione cronica, potrebbe avere un’origine virale. Nello specifico, l’errata reazione immunitaria contro le cellule intestinali potrebbe essere innescata dal virus di Epstein-Barr (EB), l’herpesvirus responsabile della mononucleosi e già associato allo sviluppo di sclerosi multipla, lupus, artrite reumatoide e, forse, di Alzheimer. Lo suggeriscono i dati di pubblicati su Gastroenterology dai ricercatori del Boston Children’s Hospital, che avanzano  anche diverse ipotesi sulla catena di eventi che porterebbe dall’infezione al Chron.

Nella prima fase, gli autori hanno analizzato una popolazione di giovani militari di età compresa tra i 20 e i 24 anni, che sono sottoposti regolarmente a prelievi, con il metodo chiamato VirScan, che identifica anticorpi diretti contro decine di virus, mostrando quindi un avvenuto contatto. Non cercavano specificamente il virus EB, ma hanno scoperto che chi era positivo aveva un rischio triplo di sviluppare il morbo di Chron da cinque a sette anni dopo.

In una seconda fase hanno controllato il sangue di 5.000 bambini dell’età media si 11 anni che avevano un parente di primo grado con il Chron, e in quel caso hanno trovato un risultato diverso: la presenza di virus EB nell’organismo non era un elemento predittivo del successivo sviluppo di Chron. I motivi non sono chiari, ma di sicuro il fatto di condividere il patrimonio genetico e l’ambiente in cui si vive sono fattori che potrebbero livellare il rischio. Inoltre i bambini hanno una diversa capacità di difendersi da virus come l’EBV rispetto agli adulti, fatto che potrebbe portare a rischi differenti e a una probabilità inferiore di andare incontro a reazioni autoimmuni.

Sul perché questo virus in particolare possa essere associato al Chron, poi, i ricercatori ipotizzano che esso interagisca con geni del sistema immunitario, dis-regolandoli, oppure che una proteina prodotta dal virus, molto simile all’interleuchina 10 (IL10), una citochina tipica delle reazioni infiammatorie, umana, possa confondere il sistema immunitario che, in seguito, continuerebbe a reagire proprio contro l’IL10, innescando la reazione autoimmune. Gli studi proseguono, ma se l’ipotesi fosse confermata ci potrebbero essere nuovi approcci terapeutici al Chron.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 2 aprile 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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