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Gli PFAS nell’acqua potabile sono associati
a un aumento dell’incidenza di alcuni tumori

I perfluoroalchili o PFAS, i plastificanti soprannominati “contaminanti perenni”, ubiquitari nel mondo, e già associati a una serie di conseguenze sulla salute dei reni, del sistema endocrino, di quello riproduttivo e di quello nervoso, potrebbero essere responsabili anche di un certo numero di tumori, che variano tra maschi e femmine, e che sono sovente tumori rari. Lo suggeriscono i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista del gruppo Nature Journal of Exposure Science & Environmental Epidemiology dai ricercatori della Keck School of Medicine della University of Southern California di Los Angeles, che hanno controllato due serie di dati, entrambe relative al periodo compreso tra il 2016 e il 2021.

La prima era quella dei tumori diagnosticati, la seconda quella sulle misurazioni degli PFAS nelle acque potabili, contea per contea. Sovrapponendo le due serie, e correggendo i risultati in base a numerosi fattori di rischio oncologico quali l’età, il fumo, le condizioni socioeconomiche e così via, è emerso che nelle contee dove la concentrazione degli PFAS nelle acque potabili eccedeva i valori indicati come soglia, si aveva anche un aumento dei casi di tumore. In tutti gli Stati Uniti, si tratta di più di 6.800 casi, con incrementi, rispetto alle zone senza elevate concentrazioni di PFAS, che vanno dal 2 al 33%, a seconda dei casi.

Nei maschi si vedono più casi di leucemia, di tumori del tratto urinario, dei tessuti molli e del cervello, nelle femmine della tiroide, della gola e della bocca e dei tessuti molli.

Secondo gli autori, le regole che prevedono un abbassamento delle soglie nelle acque entro il 2029 non sono sufficienti, così come non lo sono i dati oggi disponibili, che riguardano solo alcuni degli oltre 14.000 tra PFAS e loro metaboliti noti. Della stragrande maggioranza di essi si sa poco o nulla e, vista la loro diffusione e le conseguenze sulla salute, è necessario e urgente finanziare studi molto più estesi. E adottare tutti i provvedimenti necessari per ridurne la presenza nell’ambiente.

Secondo gli ultimi dati, il 45% delle acque potabili statunitensi contiene PFAS, che arrivano da un numero di prodotti enorme, tra i quali il packaging alimentare, i cosmetici, i rivestimenti e, di fatto, da tutto ciò che contiene plastica o plastificanti.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 30 gennaio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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