L'Assedio Bianco

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L’ESERCITO


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Strategia a tenaglia


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Uno dopo l’altro intervengono contro i nemici dell’organismo diversi tipi di reparti di polizia, innescando una manovra micidiale


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Benvenuti tra le fila dell’esercito più grande ed efficiente al mondo, con milioni di militari pronti a combattere fino alla morte pur di garantire ordine e sicurezza. Benvenuti nel sistema immunitario, un sofisticatissimo apparato di difesa frutto di milioni di anni di evoluzione: abituato a operare sottotraccia in tempo di pace, in caso di emergenza può scendere in strada con i carri armati, per scatenare una guerra senza esclusione di colpi.

Le sue schiere sono formate da soldati semplici abituati alla lotta corpo a corpo, ma anche da unità speciali e finissimi esperti di intelligence, capaci di coordinare azioni complesse e mirate. Appartengono tutti alla grande famiglia dei globuli bianchi e ricevono la chiamata all’arruolamento già nella loro “casa natale”, o nella loro caserma: il midollo osseo. Alcuni vengono subito messi di pattuglia nel circolo sanguigno e nei tessuti, mentre altri vengono inviati all’accademia del timo, la ghiandola posta nel torace davanti alla trachea, dove è previsto un duro addestramento per le forze dell’ordine più qualificate. Qui maturano e imparano a riconoscere cellule e molecole proprie dell’organismo, per poterle poi distinguere con sicurezza da tutto ciò che è estraneo e potenzialmente dannoso: una lezione fondamentale, che se non viene appresa per filo e per segno può confondere i ruoli, scatenando un pericoloso fuoco amico dalle conseguenze imprevedibili.

Avere fiuto e prontezza di riflessi è fondamentale per tutti gli agenti, specialmente quelli di pattuglia: i granulociti, che viaggiano lungo le “autostrade” dei vasi sanguigni, e i monociti, che una volta lasciato il torrente circolatorio indossano la divisa di macrofagi per perlustrare con maggiore autorevolezza i “quartieri” dei tessuti. Arrivano fin nelle zone più pericolose, quelle della pelle e delle mucose esposte al contatto con l’esterno, come accade nell’apparato digerente o in quello respiratorio. Sono questi i confini che vengono più spesso violati da virus, batteri, funghi, parassiti e altri nemici. Agli agenti di pattuglia basta un’occhiata fugace per capire che è il momento di agire. Tra i primi a entrare in azione ci sono i granulociti, cellule immunitarie che presentano granuli ben visibili al microscopio: non appena intuiscono il pericolo si gettano sul nemico, pur senza conoscere bene la sua identità, e lo divorano sul posto. Un meccanismo tanto feroce quanto collaudato: è talmente efficace che l’evoluzione lo ha conservato dagli organismi invertebrati fino a noi. Anche i macrofagi nei tessuti lo mettono in atto non appena fiutano le tracce chimiche disseminate dagli intrusi. Però, quando bisogna fronteggiare un insidioso virus capace di prendere in ostaggio le cellule, serve ben altro: infatti entrano in azione le unità speciali delle cellule NK (natural killer), che riconoscono la cellula infetta e senza troppi perché la imbottiscono di sostanze tossiche che la distruggono come fossero esplosivi. Una scena che si ripete anche quando la cellula non è preda di un nemico esterno ma è essa stessa una ribelle, che infrange le regole trasformandosi in un pericoloso tumore.

Fin qui abbiamo visto in campo le sentinelle della cosiddetta immunità innata, un tipo di immunità aspecifica che è presente e attiva fin dalla nascita. È la nostra prima linea di difesa, molto efficace ma non sempre invalicabile. Per questo viene spalleggiata dalle schiere dell’immunità adattativa o specifica, che esercitano un’azione più mirata, acquisita nel tempo grazie all’esperienza. Sono veri e propri rinforzi che possono essere richiamati da coloro che stanno in prima linea: lo fanno per esempio i macrofagi, che dopo aver ingerito il nemico lo riducono a brandelli per poi esporli sulla loro membrana come mostrine sul petto. Queste brandelli o, meglio, queste molecole, meglio note come antigeni, sono una sorta di carta d’identità del nemico catturato che viene presentata agli agenti speciali chiamati linfociti T. Addestrati nel timo e residenti nelle “caserme” dei linfonodi, i linfociti T sanno riconoscere se la cellula che presenta l’antigene appartiene al sistema immunitario, e dunque è una sentinella che chiede rinforzi, oppure se è una cellula dell’organismo stesso che è stata attaccata o che è diventata tumorale, e quindi deve essere distrutta.

Se la cellula va eliminata intervengono i linfociti T killer, cecchini dalla mira ultra-precisa. Se invece la cellula è una sentinella in cerca di aiuto, le rispondono i linfociti T helper, gli esperti dei servizi segreti, capaci di orchestrare una complessa azione di accerchiamento del nemico. Sono loro a chiamare in causa dei colleghi specializzati provenienti dal midollo osseo, i linfociti B, gli unici in grado di trasformarsi in plasmacellule per produrre armi specifiche contro ogni nemico: gli anticorpi. Questi elementi possono bloccare le proteine dei virus neutralizzandoli, oppure possono attaccarsi alla membrana dei batteri e degli altri microrganismi invasori per segnalarli meglio alle sentinelle divoratrici. Mentre infuria la battaglia, ci sono alcuni linfociti B che si impegnano a documentare ogni mossa a futura memoria: in questo modo, se dovesse ripresentarsi lo stesso nemico, potranno riconoscerlo più rapidamente per poi moltiplicarsi e trasformarsi in plasmacellule in maniera più efficiente. Esattamente lo stesso meccanismo che viene sfruttato dalla vaccinazione per prevenire le infezioni.

In questa sofisticata organizzazione del sistema immunitario, però, qualcosa può andare storto. Può succedere, per esempio, che i guardiani del nostro organismo facciano un po’ di confusione con le carte d’identità dei nemici, finendo per schedare come pericolose delle sostanze totalmente innocue, come i pollini delle piante o le proteine di alcuni alimenti.
Accade così che i linfociti B inizino a produrre speciali anticorpi (chiamati IgE) che inducono alcuni granulociti (i basofili) a liberare le loro bombe di istamina scatenando vasodilatazione, gonfiore e infiammazione, alla base dei sintomi tipici delle reazioni allergiche come prurito e difficoltà respiratorie. Altre volte, invece, può succedere che i linfociti T capiscano male le lezioni impartite all’accademia del timo, finendo per scambiare “oneste” cellule dell’organismo per malfattori da distruggere: si sviluppano così malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide, che attacca le articolazioni, o la sclerosi multipla, che colpisce il sistema nervoso. Talvolta sono gli stessi nemici (come il virus della mononucleosi o il batterio streptococco) a trarre in inganno i linfociti B, rendendoli reattivi anche a cellule del corpo.
Oltre che confusi e pasticcioni, i guardiani del sistema immunitario possono diventare pure pigri e apatici: accade per esempio quando i linfociti T abbandonano l’accademia del timo senza aver completato il corso di formazione (immunodeficienza primaria), oppure quando vengono fiaccati dalla malnutrizione o dal virus HIV che si replica dentro di loro (immunideficienza acquisita). Insomma, ogni giorno nel corpo umano accadono cose degne di un thriller mozzafiato. Siete curiosi di conoscerle? Allora non perdetevi le storie illustrate da Marino Neri, che trovate in questo stesso sito.


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Elisa Buson