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Organoidi di cuori inviati nello spazio,
per avere benefici (anche) sulla Terra

Tutto è andato come previsto, nei giorni scorsi, per la navicella SpaceX CRS-27. E le due teche con i cuori-in-un-chip, ossia i dispositivi ibridi messi a punto alla Johns Hopkins University di Baltimora in collaborazione con la NASA, sono partite per il loro viaggio con destinazione Stazione Spaziale Internazionale. Lì rimarranno per alcune settimane, e al loro rientro sarà possibile studiare che cosa è successo a quelle cellule e, in particolare, ai mitocondri, in condizioni di microgravità.

Lo heart-on-a-chip spaziale, dal quale cui si attendono informazioni importanti per la permanenza degli esseri umani nello spazio ma, anche, per l’invecchiamento dei tessuti cardiaci sulla Terra (i due fenomeni presentano diversi aspetti comuni), è stato realizzato partendo da cellule staminali totipotenti, messe a crescere con soluzioni che le fanno diventare cardiomiociti pulsanti, del tutto sovrapponibili a quelli che si trovano nel cuore, responsabili della contrazione del muscolo cardiaco. Le cellule, inoltre, crescono su un supporto che contiene due perni, uno flessibile e uno rigido; il primo ha in sé un magnete che, unito a un sensore, raccoglie le informazioni sulla contrattilità delle cellule. Il tutto è poi sigillato in modo che non vi sia perdita di liquidi o altro durante il volo e poi nella permanenza in orbita. Gli esperimenti prevedono anche la somministrazione di tre farmaci, che dovrebbero servire a prevenire i danni che si verificano durante il volo.

L’astrobiologia vive un momento di grande sviluppo, in previsione anche della costruzione di basi lunari, prevista per i prossimi anni, e dei futuri viaggi verso Marte. Nel frattempo, non di rado offre soluzioni innovative per malattie da curare sulla Terra.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 21 marzo 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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