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SLA, dal mix dei diversi tipi di linfociti T
una prognosi più o meno favorevole

La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) - malattia neurodegenerativa che porta a una perdita progressiva dei motoneuroni (le cellule nervose che governano i muscoli) - potrebbe avere un decorso più prevedibile, rispetto a quanto avviene oggi, se verranno confermati i dati di un nuovo studio condotto in Svezia. I ricercatori hanno infatti scoperto che le quantità reciproche dei diversi tipi di linfociti T (le cellule del sistema immunitario coinvolte nella risposta difensiva mirata e a lungo termine) sembrano essere collegate a una prognosi peggiore o migliore a seconda dei casi. Lo studio è stato realizzato dai neurologi del prestigioso Karolinska Institutet di Stoccolma, che hanno analizzato nel dettaglio la composizione del sangue e del liquido cefalorachidiano di 89 pazienti (il liquido cefalorachidiano, lo ricordiamo, è un fluido che avvolge il cervello e il midollo spinale). Tutti i pazienti avevano ricevuto una diagnosi di SLA tra il 2016 e il marzo 2020, ed erano poi stati seguiti fino all’ottobre dello stesso 2020.
Come riferiscono gli autori sulla rivista scientifica Nature Communications, un’elevata concentrazione di linfociti T definiti effettori (in particolare del tipo CD4+FOXP3) è apparsa collegata a una sopravvivenza più breve, mentre una forte presenza di linfociti T regolatori ha indotto un effetto protettivo nei confronti della neurodegenerazione tipica della SLA.
Oltre a fornire un potenziale strumento per la prognosi, lo studio suggerisce che i diversi tipi di linfociti T esercitino anche un ruolo specifico nella malattia: quando si sarà compreso meglio quale sia, sarà forse anche possibile studiare terapie che agiscano su questi delicati equilibri, per esempio aumentando il numero di linfociti T regolatori a scapito di quelli effettori.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 3 gennaio 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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